Società

Roubini: double dip in Usa: 35-40% di probabilita’

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Fed o non Fed, liquidità o no, Nouriel Roubini rimane della sua idea. Un’idea, purtroppo, niente affatto confortante. Secondo il professore della New York University, esiste infatti una probabilità del 35%-40% che gli Stati Uniti tornino a essere vittima della recessione.

La minaccia è quella di un “double dip”: espressione ripresa più volte in passato e poi, ultimamente, rimasta quasi nell’ombra.

Oggi, però, Roubini torna a citarla, tra l’altro proprio in un momento in cui i mercati brindano – troppo in anticipo, forse?- all’arrivo di una nuova ondata di liquidità da parte della Federal Reserve, nel prossimo meeting del Fomc a inizi novembre.

L’esperto, insomma, non fa dietrofront, e ribadisce quanto già detto negli ultimi mesi. Non solo: secondo quanto riporta il Globes, il “profeta” avverte anche contro la formazione di bolle nell’economia globale. In un’intervista rilasciata a ET Now, il professore ha infatti sottolineato che, “con l’entrata massiccia di flussi di capitali, mercati come l’India corrono il rischio di creare bolle speculative”.

Nel corso di una conferenza che si è svolta a Seul, in Corea, stando a un articolo di Bloomberg Roubini si è così espresso: “Dal secondo trimestre di quest’anno, la crescita economica degli Stati Uniti è stata solo dell’1,7%, e il punto è che la stessa crescita sarà ancora più debole nel corso secondo semestre, tanto che entro il quarto trimestre il rialzo del Pil Usa potrà arrivare a essere (solo) dell’1%”.

“Il tasso di crescita è così basso che l’impressione sarà quella di essere in recessione, anche se tecnicamente questa non è recessione”, ha precisato.

Il punto, sottolinea, è che la ripresa economica degli Stati Uniti, ma anche degli altri paesi industrializzati, si confermerà anemica e sarà ad “U”.

Di fatto, Roubini – che è presidente di Roubini Global Economics LLC – ha rivisto al rialzo le stime sul rischio di una recessione double dip negli Usa dal precedente 25% al 40%. Il motivo è stata la crescita del Pil Usa relativa al secondo trimestre -appunto solo dell’1,7% – che si fa notare soprattutto se si considera che il potenziale di crescita del prodotto lordo interno americano è del 3% circa.

L’esperto ha puntato il dito poi anche contro un’altra minaccia: quella della deflazione. E ha tirato le orecche al Giappone, affermando che la decisione della Banca centrale di istituire un fondo per acquistare titoli governativi e altri asset per un valore di 61 miliardi di dollari, non è in ogni caso una manovra aggressiva per rispondere al rallentamento dell’economia nipponica.