MOSCA (WSI) – Il credito russo è sull’orlo del rating ‘spazzatura’. Sarebbe la prima volta in più di dieci anni di tempo.
Standard & Poor’s sta prendendo in seria considerazione l’eventualità di declassare la qualità creditizia di Mosca. Ad annunciarlo è stata la stessa agenzia americana.
C’è ora almeno il 50% di posssibilità che la Russia veda il suo rating passare al livello ‘junk’ nel giro di 90 giorni.
A parte l’annuncio di S&P, i mercati europei non dovrebbero ricevere altre grandi notizie. Le contrattazioni sono aperte solo la mattina a Londra, Madrid e Parigi. Le piattaforme finanziarie negli Stati Uniti sono a mezzo servizio (chiuderanno alle 13 orario locale), mentre le Borse di Milano e Francoforte resteranno chiuse.
“Rivedremo la nostra posizione sulla flessibilità monetaria della Russia e sull’impatto che una economia in indebolimento avrà sul sistema finanziario del paese”.
S&P ha messo nella sua lista di “creditwatch” negativo la Russia, a causa del “rapido deterioramento della flessibilità monetaria”.
La scorsa settimana la banca centrale russa ha alzato i tassi di interesse di 6,5 punti base al 17% nel disperato tentativo di difendere il rublo dagli attacchi speculativi. La valuta si è svalutata nettamente negli ultimi mesi, mettendo in serio pericolo l’economia che scivolerà in una pesante fase di recessione l’anno prossimo.
S&P ha un rating di ‘BBB-‘ sulla Russia: è appena una tacca sopra il livello di spazzatura. C’è da dire che Fitch e Moody’s collocano la qualità creditizia del paese un gradino più rispetto all’altra sorella del rating.
In seguito all’avvertimento il rublo è tornato a perdere terreno. La moneta, l cui valore si è praticamente dimezzato dal 26 giugno al 15 dicembre, cede lo 0,7% nei confronti del dollaro a 54,88 rubli.
Difficile immaginare che il presidente russo e il Cremlino resteranno con le mani in tasca a guardare il paese crollare. A livello di politiche economiche a Vladimir Putin non rimangono molte frecce al suo arco e un provvedimento da ultima spiaggia sarebbe l’imposizione di controlli di capitale.
Le sanzioni equivalgono a una dichiarazione di guerra
Le sanzioni occidentali imposte dopo lo scoppio della crisi in Ucraina stanno compromettendo seriamente gli affari dell’Europa con la Russia e non solo le attività interne di Mosca, che sta pagando a sua volta anche il calo dei prezzi del petrolio, un bene che visto praticamente dimezzato il valore da giugno.
È inutile che Obama e autorità europee facciano gli ingenui. Le sanzioni avranno tutta una serie di effetti negativi anche sull’Europa, perché sono sempre un gioco a somma negativa.
Le misure rischiano infatti di aggravare la recessione in Eurozona, di scatenare conflitti politici tra i vari leader europei e di mettere in crisi l’Ucraina, che dovrà ricorrere a nuovi aiuti esterni. Anche gli Usa e in particolare le sue aziende ne subiranno l’impatto, certamente sul piano della reddittività.
Senza parlare dei rischi che correranno le già fragili banche europee. I russi potrebbero anche decidere di non ripagare la prossima tranche del debito pubblico dovuta a inizio 2015. In quel caso il sistema bancario del Vecchio Continente collasserebbe perchè, come ricorda Paul Craig Roberts, ex assistente alla politica economica sotto la presidenza Reagan, “le sue banche sono terribilmente sotto-capitalizzate. Alcune di loro hanno concesso prestiti alla Russia che assorbono quasi l’intera base di capitale”.
Anche sul versante geopolitico lo scenario cambierà. Mosca rafforzerà i suoi rapporti con la Cina alle spese di Usa ed Europa. I cittadini russi, arrabbiati per le azioni occidentali, potrebbero agire contro gli Stati Uniti, i cittadini americani o gli interessi delle società Usa.
Anche se la Russia sta sicuramente accusando il colpo, il fatto che soffra in questo momento più dell’Europa non dovrebbe essere un grande sollievo per l’Occidente. La verità è che le sanzioni equivalgono a una dichiarazione di guerra.
Come scrive giustamente David Lifschultz in una lettera inviata ai Ceo di JP Morgan, all’ex Ad di Chase e al numero uno e fondatore di Blackstone, “chi non capisce che l’Occidente ha dichiarato la guerra contro la Russia si comporta come uno struzzo che tiene la testa sotto la sabbia”.
Come una partita a poker, l’Occidente spera che se alzano la puntata ora che non hanno più carte in mano, la Russia abbandonerà la partita. Peccato che “questo on succederà mai”. Sperano anche “di placare gli animi quando vogliono ed evitare così un conflitto economico o militare a tutto campo. Ma la storia insegna che una volta aperto il vaso di Pandora, è impossibile tornare indietro”.
L’analista Michael Mross, citato dalla Voce della Russia, non ha dubbi: “Il perdurare delle sanzioni contro la Russia minaccia una nuova crisi finanziaria mondiale”.
Se Obama continua a mettere sotto pressione la Russia, non si sa bene cosa succederà, ma si sa per certo che non sarà nulla di buono. Basta vedere a cosa sono servite le sanzioni contro Cuba imposte per 50 anni.
La politica estera degli Stati Uniti in questi frangenti è stata spesso disastrosa. Il colpo di stato che ha portato alla caduta del presidente filo russo Viktor Yanukovich in Ucraina è stato con ogni probabilità fomentato dai servizi di intelligence Usa, ma come avvenuto nel caso dell’Iran nel 1953, si saprà solo 60 anni dopo.
“Se la Russia perde una gamba e l’Europa un braccio”, si chiede retoricamente il consulente finanziario Mike Mish Shedlock sul suo blog, “si può considerare una vittoria o un comportamento stupido”?