Dopo lo smembramento di Yukos e la quotazione in Borsa di Rosneft, il Cremlino inaugura la terza, e forse decisiva, fase di consolidamento del settore energetico. L’obiettivo è ambizioso: controllare la metà della produzione di greggio di cui la Russia è il secondo produttore mondiale. A quanto si apprende da ambienti finanziari, Rosneft avrebbe avviato trattative con numerosi istituti di credito internazionali per ottenere una linea di credito di diversi miliardi di dollari per rilevare gli asset rimanenti di Yukos. Particolarmente attiva è anche Gazprom, il monopolista di Stato nel settore del gas che pochi giorni fa dice di essere interessata a rimpiazzare il gruppo di investitori locali che fanno parte della joint venture anglo-russa Tnk-Bp, che rappresenta il terzo produttore di petrolio del Paese. Stando a quanto riportato nei giorni scorsi dal Wall Street Journal i tre principali azionisti russi, Mikhail Fridman, Viktor Vekselberg e Len Blavatnik, non esprimono la volontà di vendere le rispettive quote. Fonti interne ai tre tycoon, tuttavia, precisano come l’atteggiamento potrebbe cambiare nel caso in cui il Cremlino facesse pressioni per la vendita delle quote e il prezzo fosse “giusto”. A conferma del nuova stretta sul settore delle materie prime impressa dal Governo giungono anche le indiscrezioni che dànno per imminente l’annuncio di fusione tra Rusal e Sual Group e parte degli asset della svizzera Glencore da cui nascerebbe il leader mondiale nel settore dell’alluminio, in grado di scalzare Alcoa (Usa). Tornando alla questione Tnk-Bp persone vicine alle compagnie rivelano che le trattative tra la joint venture e Gazprom non sfocieranno in un accordo prima della fine del prossimo anno, anche se alcuni giorni fa il responsabile della divisione petrolio di Gazprom, Alexander Ryazanov, afferma come il colosso energetico senza alcun problema possa raccogliere i 25 miliardi di dollari necessari all’operazione. Un’affermazione che, stando agli osservatori più attenti, serve da monito alla rivale Rosneft anch’essa in corsa per rilevare la parte russa della joint e in rapporti eccellenti con Bp. Partecipando direttamento alla quotazione in Borsa di Rosneft con un investimento da un miliardio di dollari la compagnia britannica rappresenta un utile sostegno al Cremlino per il raggiungimento del target price dell’offerta. Movimentato è anche il fronte che si aprirà tra poco relativo alla vendita dei rimanenti asset di Yukos. A metà mese l’amministratore straordinario del Governo selezionerà una società al fine di valutare il valore degli asset prima della vendita effettiva. A essere interessate all’affare, oltre a Rosneft, ci sono anche Gazprom, Lukoil e Surgutneftegaz. Fonti vicine al Governo evidenziano tuttavia come sarebbe stavolta Rosneft a essere la favorita in virtù dei 5 miliardi di dollari di danni richiesti a Yukos e già inclusi nella causa per bancarotta. Intanto Rosneft punta a incrementare la sua quota nel progetto Sakhalin-1 di estrazione di greggio e gas.
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