NEW YORK (WSI) – Nei giorni scorsi un ufficiale russo avrebbe dichiarato una possibile minaccia nucleare contro l’Ucraina, sempre riguardante il conflitto in Crimea. Nelle ultime settimane poi, secondo quanto riporta The Diplomat, numerosi alti funzionari ucraini hanno dichiarato che la Crimea sarebbe tornata nella mani dell’Ucraina, nonostante la decisione della Russia, ad inizio anno, di annetterla al proprio territorio.
Dopo la sua nomina a nuovo ministro ucraino della Difesa, il colonnello generale Valeriy Heletey ha promesso al parlamento di Kiev che avrebbe lavorato a fondo su questo tema: “Credetemi, ci sarà una parata per la vittoria, ci sarà di sicuro, a Sebastopoli (capitale della Crimea) in Ucraina”. Alla stessa udienza, Heletey ha anche promesso che “lavorerà giorno e notte per ripristinare la capacità militare delle forze armate”.
Impegni simili sono state fatti anche dal presidente ucraino Petro Poroshenko, che ha promesso di sorvegliare la “rinascita dell’esercito”, come così come il ministro degli Esteri dell’Ucraina Pavlo Klimkin.
Alla domanda su cosa ne pensava di questi commenti, in una conferenza stampa avvenuta mercoledì, il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, ha risposto: “Se si tratta di aggressione contro il territorio russo, e la Crimea e, quindi, Sebastopoli ne sono parte, non lo consiglierei a nessuno di farlo. Qualora si mancasse di rispetto, verranno prese delle azioni a riguardo”.
Dal crollo dell’Unione Sovietica, le capacità militari della Russia sono peggiorate in modo significativo. Come risultato, si è dato sempre più affidamento alle armi nucleari per proteggere la sicurezza nazionale. Questo si è riflesso nelle dottrine militari russe durante la Guerra Fredda, in particolare quelle a partire dal 2000.
In particolare, se si studiano le dottrine militari della Russia a partire dal 2000, si può notare come abbiano introdotto il concetto di de-escalation, ovvero una strategia che porta alla minaccia di un attacco nucleare che costringerebbe l’avversario ad accettare un ritorno allo status quo ante.
Nel 2010 poi vi fu questa dichiarazione: “La Federazione Russa si riserva il diritto di utilizzare le armi nucleari in risposta all’utilizzo di altre armi di distruzione di massa contro di essa e (o) i suoi alleati, e in caso di aggressione contro la Federazione russa si prevede l’uso di armi convenzionali, quando la stessa esistenza dello stato è in pericolo”.
Ed è proprio questa la dottrina militare a cui Lavrov si riferiva nella conferenza stampa. Come citato in precedenza, Lavrov ha iniziato sottolineando come Mosca vede la Crimea come parte integrante del territorio russo. Ha poi affermato che la Russia ha una dottrina militare che “molto chiaramente” delinea come avrebbero risposto alle minacce per la sua integrità territoriale e infine questa dottrina sempre “molto chiaramente”, afferma che “la Federazione russa si riserva il diritto di utilizzare armi nucleari” in queste situazioni.
Questa non è la prima volta che un funzionario russo rilascia una minaccia nucleare contro i suoi stati confinanti. Per esempio nel 2011 con l’aumentare delle tensioni tra gli ex stati dell’Unione Sovietica, il generale Nikolai Makarov aveva avvertito un organo legislativo Russo che: “È cresciuta la possibilità di conflitti armati lungo tutto il perimetro del bordo. Non posso escludere che, in determinate circostanze, i conflitti armati locali e regionali possano crescere e diventare una guerra su larga scala, forse anche con armi nucleari”.
Per rafforzare la credibilità delle minacce quindi, le forze armate russe hanno condotto esercitazioni militari regolari a partire dal 2000, dove vengono simulati attacchi nucleari. Questi esercizi ora, sono diventati sempre più comuni dopo l’inizio della crisi Ucraina.