Le sanzioni Occidentali rischiano di mandare al tappeto l’economia russa. I primi segnali sono già arrivati con la pubblicazione del PMI manifatturiero di marzo, che si è contratto al ritmo più netto da maggio 2020, ovvero nelle prime fasi della pandemia di Covid-19, per via dei forti cali della produzione, ma anche dei nuovi ordini dall’estero.
Anche le esportazioni russe (491 miliardi di dollari nel 2021, Trade Map) sono state colpite, in particolare con la sospensione delle importazioni di petrolio e metano da parte degli Stati Uniti. Ma il settore energetico, che rappresenta la quota maggiore delle esportazioni russe (43% nel 2021 secondo Trade Map) finora non è stato colpito dalle sanzioni.
Le stime su Pil e inflazione
Gli economisti di Capital Economics hanno previsto che le sanzioni occidentali probabilmente spingeranno il prodotto interno lordo russo a una contrazione del 12% nel 2022, mentre l’inflazione dovrebbe superare il 23% su base annua. La Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo ha previsto una contrazione più limitata, del 10% circa, che rappresenterebbe comunque la recessione più profonda del Paese da quasi 30 anni, con un PIL che sarà poi piatto nel 2023. Anche Goldman Sachs ha previsto una contrazione del Pil 2022 a due cifre (-10%), mentre il think tank dell‘Institute for International Finance ha previsto un calo più profondo: – 15% del nel 2022 e di un ulteriore 3% nel 2023.
Verso nuove sanzioni
Le prospettive per la Russia potrebbero diventare ancora più fosche in seguito all’emergere nel fine settimana di accuse di massacri di civili da parte delle forze russe a Bucha, che aumentano la minaccia di sanzioni internazionali più punitive.
L’Unione Europea e gli Stati Uniti sono pronti a varare un nuovo pacchetto di sanzioni che conterrà divieti relativi all’import di prodotti russi e all’export verso Mosca, in particolar modo materiali di costruzione. Potrebbe ampliarsi anche la platea di oligarchi da sanzionare. Sul tavolo anche l’adozione di un meccanismo per evitare che la Russia aggiri i divieti.
Nel pacchetto potrebbe essere inserito anche il divieto dei porti europei a navi e prodotti russi. Per CNBC, potrebbe arrivare anche una stretta sull’affitto di aerei, sui prodotti d’acciaio e ulteriori restrizioni all’import ed export di beni di lusso.
Il nodo principale è rappresentato dalle fonti di energia. Nonostante l’embargo chiesto dalla presidente del Parlamento, Roberta Metsola, si dovrebbe andare verso un taglio parziale delle forniture ed è più probabile che riguardi carbone e petrolio, mentre sembra escluso un taglio netto per quanto riguarda il gas.
Rischio default
Con l’imperversare della guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali contro la Russia che aumentano di giorno in giorno, in particolare nel settore finanziario, si pone una domanda importante: esiste un rischio di default del Paese sul suo debito sovrano? Le tre principali agenzie di rating (S&P, Moody’s e Fitch) hanno declassato il rating del Paese a un livello vicino al default. Il 17 marzo, S&P ha dichiarato: “A questo punto, consideriamo il debito della Russia altamente esposto al mancato pagamento”. Per i mercati finanziari, la probabilità di insolvenza su un orizzonte di cinque anni è molto alta: attualmente è dell’88%. (Fonte: Bloomberg, 23/3/2022).
SecondoGaël Binot, Emerging Markets Fixed Income Manager, La Française AM, la Russia sembra ancora in grado di soddisfare i suoi obblighi di pagamento a breve termine. Tuttavia, più a lungo le sanzioni dureranno, continuando a limitare l’accesso agli afflussi di capitale e alla valuta estera, maggiore sarà il rischio di insolvenza per la Russia.
Il 5 marzo, Vladimir Putin ha firmato un decreto che minacciava di rimborsare, in rubli, i creditori dei Paesi ostili creditori di debito emessi in valuta estera, il che può essere considerato come un default per questo tipo di debito. Tuttavia, ci sono diverse emissioni in valuta estera in circolazione che offrono la possibilità di rimborsare i creditori in rubli a certe condizioni, il che non farebbe scattare un default sul debito russo. È quindi difficile sapere a quali prestiti si riferisce il governo russo. “D’altra parte, qualsiasi cambiamento nella valuta di rimborso, se non dichiarato nel prospetto di emissione, porterà a un default del Paese” ha spiegato l’esperto, aggiungendo che, per ora, la Russia sta dimostrando che intende onorare i pagamenti del suo debito. Il 16 marzo, il Paese ha ottemperato ai suoi obblighi di rimborso di cedole in dollari, per 117 milioni di dollari su due emissioni con scadenza nel 2023 e nel 2045, evitando così un default immediato. Ma ci sono ancora una ventina di scadenze in arrivo nel 2022, tra cui 2 miliardi di dollari il 4 aprile.
“Dato l’estremo livello di tensione, è difficile prevedere le future intenzioni del Cremlino su un default volontario. Se questo dovesse avvenire, la reputazione della Russia sarebbe danneggiata e il default avrebbe un impatto duraturo sui futuri costi di finanziamento dello Stato da parte degli investitori internazionali. Un default volontario segnerebbe una rinuncia da parte dello Stato a una normalizzazione a breve termine delle relazioni con l’Occidente.”
Debito russo, a quanto ammonta
Il debito pubblico russo è pari al 18% del PIL del Paese (Fonte: FMI WEO ottobre 2021), il che lo rende uno dei Paesi meno indebitati del mondo. Inoltre, la Russia attualmente è in surplus di bilancio e ha accumulato notevoli riserve in valuta estera dopo l’annessione della Crimea nel 2014, arrivando a detenere 643 miliardi di dollari di riserve in valuta estera (Fonte: Banca di Russia, al 18/2/2022) e un Fondo Patrimoniale Nazionale che ha accumulato 174,9 miliardi di dollari (Fonte: Ministero delle Finanze russo, 01/02/2022).