Il rallentamento dell’inflazione in Russia, arrivato a un tasso del 3% nel mese di maggio ha convinto gli analisti che la banca centrale sia prossima a tagliare con decisione i tassi d’interesse nella prossima riunione del 19 giugno. Nonostante l’appello lanciato da alcuni economisti, non ci si aspetta che la banca centrale cambi idea sulla possibilità di introdurre un Quantitative easing, un’opzione di politica monetaria nella quale il Paese non ha mai creduto.
Secondo gli analisti di ING, le aspettative di un rialzo dell’indice dei prezzi al consumo nei prossimi mesi “non costituiscono un ostacolo a ulteriori tagli ai tassi”, attualmente a quota 5,5%. La forchetta del taglio sarebbe compresa fra i 50 e i 150 punti base.
Il governatore della banca centrale della Russia, Elvira Nabiullina ha alimentato l’aspettativa dell’imminente ribasso dei tassi affermando, la scorsa settimana, che l’esperienza dei primi cinque mesi dell’anno hanno liberato spazio per ulteriori tagli. Un calo dell’inflazione, lo ricordiamo, tende a aumentare il peso “reale” dei tassi d’interesse – per questo un calo della prima rende più probabile un taglio dei secondi.
“La traiettoria dell’inflazione nel terzo trimestre sarà cruciale poiché la maggior parte delle restrizioni sull’attività economica” dovute alla crisi Covid-19, “saranno state revocate, e prevediamo ancora che l’inflazione supererà leggermente l’obiettivo del 4% della banca centrale russa quest’anno”, ha commentato a Cnbc Matthias Karabaczek, analista presso l’Economist Intelligence Unit.
Per quanto riguarda un possibile piano di quantitative easing per sostenere il ciclo economico, sull’esempio di quanto fatto dalle principali banche centrali di tutto il mondo, già nel 2016 il governatore Nabiullina aveva espresso dubbi sull’efficacia delle politiche monetarie ultra lasche: “A causa del persistente allentamento monetario in molti Paesi esiste la possibilità che un elevato livello di volatilità sui mercati finanziari persisterà”.
Il taglio ai tassi potrebbe avere impatti limitati
La speranza che un taglio dei tassi possa riaccendere la domanda di credito, tuttavia, rischia di essere mal riposta. Ne è convinto il capo economista di BCS Global Markets, Vladimir Tikhomirov, secondo il quale il calo nella domanda di prestiti da parte delle aziende russe era cominciato anche prima della pandemia:
“La migliore conferma di questa tendenza è che molte società russe hanno aumentato significativamente i loro pagamenti di dividendi agli azionisti piuttosto che decidere di mettere da parte un po’ di liquidità per espandersi”, ha spiegato Tikhomirov, “questo è un grosso problema e non scomparirà. Non è un problema solo russo, poiché abbiamo visto molte banche centrali tagliare in modo aggressivo [i tassi] nella speranza che ciò potesse aumentare la domanda di credito e portare a maggiori investimenti, creazione di posti di lavoro e infine crescita, ma finora non abbiamo visto molte prove del fatto che gli investimenti e la domanda di credito stiano aumentando, in particolare sul lato aziendale”.
Karabaczek, inoltre, ha aggiunto che in Russia ben due terzi dei prestiti bancari in essere siano a tasso fisso e non variabile: un elemento che porta a pensare che il taglio dei tassi di riferimento, anche se si materializzasse nella forma più ampia, avrebbe impatti limitati sull’economia nazionale.