Roma – Un “improvviso” rallentamento della Cina potrebbe portare i prezzi delle commodity a scivolare fino al 75% rispetto ai livelli attuali. E’ quanto ha affermato S&P, lanciando di fatto un allerta sul settore.
In un rapporto, S&P ha precisato che un inatteso cambiamento nelle politiche del governo o l’avvento di problemi nel settore bancario potrebbero essere le cause scatenanti di un eventuale “improvviso” rallentamento nella crescita economica del paese.
“Visto il modo attraverso cui la Cina ha sostenuto i prezzi delle commodity, dobbiamo preoccuparci di una tale eventualità – ha detto Scott Prinzen, analista di S&P, parlando in una intervista telefonica da New York rilasciata a Bloomberg – Gli sforzi che il governo cinese sta mettendo in atto sono volti a rallentare l’economia e potrebbero avere un effetto sui prezzi delle commodity. (D’altronde), fino a questo momento, la correzione (delle quotazioni) delle materie prime è stata piuttosto modesta”
Lo scorso mese l’indice rappresentativo delle materie prime, lo “Standard & Poor’s GSCI Index”, che include 24 commodities, è sceso del 6,8%, segnando la prima flessione dal mese di agosto. A incidere sono state le speculazioni secondo cui la crescita dell’economia cinese rallenterà il passo, in quanto la Banca centrale coninuerà ad aumentare i tassi di interesse per frenare la crescita dell’inflazione. Finora, a partire dallo scorso settembre, il costo del denaro è stato alzato quattro volte e le riserve bancarie obbligatorie da accantonare sono state aumentate di tre punti percentuali.
Ma l’inflazione continua a essere elevata. Secondo le stime di UBS, le pressioni inflazionistiche potrebbero essere infatti cresciute lo scorso maggio del 5,3%, ben al di sopra del target del 4% stabilito dal governo. In più, secondo un sondaggio compilato da Bloomberg, il Pil cinese quest’anno potrebbe rallentare dal 10,3% del 2010 al 9,5%. In ogni caso Sprinzen precisa che “la situazione attuale in cui versa la Cina non è quella di una bolla destinata a esplodere. Ma – sottolinea – esiste un rischio”.
Ecco perchè, secondo il rapporto, nel caso in cui ci fosse un repentino dietrofront della congiuntura del paese”, il più grande consumatore di commodities al mondo – il supporto per le quotazioni del minerale di ferro scenderebbe tra gli $85 e i $95 la tonnellata, contro i $170 la tonnellata di oggi, giusto per fare un esempio. Il fondo per l’alluminio sarebbe di 65-70 centesimi la libbra, contro $1,20 la libbra di oggi; e il supporto per il rame scenderebbe infine in un range compreso tra $1,50 e $1,75 la libbra, contro i $4,10 la libbra attuali.
A condividere in qualche modo l’idea di S&P è David Stroud, sempre intervistato da Bloomberg, amministratore delegato di TS Capital, gestore di hedge fund a New York, che ha scritto che le commodities potrebbero scendere “facilmente” tra il 25 e il 40% nei prossimi 12 mesi. In questo caso, Stroud parla comunque di “enorme opportunità” per gli investitori.
I mercati, ha aggiunto Stroud, “stanno iniziando ad assomigliare molto a quelli del 2008”, anno in cui l’indice GSCI crollò del 43%.