ROMA (WSI) – “Il calo dello yuan potrebbe mettere in difficoltà la Banca centrale europea”. E’ quanto affermano gli economisti di Standard & Poor’s, commentando il tonfo del renbimbi al minimo in quattro anni.
“Le reazioni dei mercati sembrano in qualche modo esagerate, come succede spesso nel caso di un evento non previsto. Ci sono già diverse prove che suggeriscono che l’economia cinese sta crescendo ora a un tasso più debole rispetto a quello degli ultimi due anni”, ha commentato il responsable economista EMEA Jean-Michel Six.
La serie di svalutazioni – tre consecutive la scorsa settimana – riflette secondo l’agenzia di rating anche la volontà di Pechino di impedire che lo yuan si rafforzi di riflesso, nel caso in cui la Fed dovesse procedere a settembre al primo rialzo dei tassi dal 2006.
“Detto questo, i cambiamenti di politica monetaria di Pechino producono inevitabilmente un effetto domino nell’economia mondiale. Questa manovra particolare potrebbe complicare ulteriormente il compito della Banca centrale europea nei prossimi trimestri. Sebbene un deprezzamento dello yuan di pochi punti percentuali non dovrebbe cambiare in modo sostanziale l’outlook sull’inflazione dell’Eurozona, la reazione dei mercati emergenti che vendono in Cina e competono con le esportazioni della Cina è cruciale”.
“Una diffusa svalutazione delle valute dei mercati emergenti renderebbe i prodotti importati da questi mercati più convenienti, scatenando nuove pressioni deflazionistiche in Europa (e Usa). In più, darebbe vita a un apprezzamento del tasso di cambio effettivo su base reale dell’euro, fattore che potrebbe danneggiare le esportazioni europee”.
Intanto lo scorso venerdì Benoit Coeure, membro del Comitato direttivo della Bce, ha affermato che “il deprezzamento dello yuan può essere visto come il sintomo di un rallentamento dell’economia cinese, almeno nel settore delle esportazioni”. Tale fatto deve servire a ricordare “la grande incertezza globale a cui facciamo fronte. Qui nell’area euro dovremmo interpretare (tale mossa) come un avvertimento sull’importanza di una domanda interna che sia forte”.
Dunque, “i paesi dell’Eurozona devono rafforzare la domanda interna, e prima di tutto gli investimenti privati, al fine di diventare più resistenti”.
(Lna)