Società

Saccomanni: tagliamo le tasse sul lavoro, per le aziende

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VENEZIA (WSI) – “Vogliamo ridurre le tasse sulle aziende e sul lavoro cercando di trovare finanziamenti tagliando le spese, riducendo sussidi e togliendo incentivi creati in modo troppo generoso in passato”. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, a Venezia al Consiglio Italia Usa.

Saccomanni ha anche parlato dei programmi di sostegno alle banche varati dalla Banca centrale europea. “Le misure della Bce hanno ridotto il rischio di gravi danni in Europa nel caso che la situazione economica e inflazionistica dovesse cambiare”, ha detto. “Quello che e’ stato fatto dalla Bce e’ molto importante – ha spiegato – Se oggi non c’e’ piu’ il ‘cigno nero’, si deve all’intervento della Bce, che e’ stata in grado di introdurre una serie di misure che ridurranno il rischio di gravi disastri, nel caso in cui l’economia e la situazione inflazionistica dovessero cambiare”.

“Dobbiamo lavorare anche sulle liberalizzazioni. Il governo presentera’ a breve misure in questo campo”, ha aggiunto detto il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, nell’intervento al Consiglio delle Relazioni Italia-Usa.

News da Bankitalia. Tra il 2011 e il 2012 le retribuzioni reali (al netto quindi dell’inflazione) hanno perso l’1,9% scendendo in media per unita’ di lavoro dipendente da 25.130 euro a 24.644 perdendo quasi 500 euro in un anno. E’ quanto emerge dalle tabelle di Bankitalia secondo le quali il calo piu’ vistoso si e’ avuto per le retribuzioni della pubblica amministrazione (da 31.964 a 30.765 con quasi 1.200 euro persi con il blocco dei contratti) e per il credito con oltre 1.200 euro persi in media. (ANSA-ADNKRONOS)

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Il tempo stringe. Per evitare che l’Iva aumenti dal 21% al 22% dal prossimo primo luglio restano solo tre settimane. Ma il governo non ha ancora trovato una soluzione e a Palazzo Chigi prevale il «pessimismo». Il rischio che l’aumento dell’Iva, e quindi dei prezzi, scatti è a questo punto concreto. Cancellare la decisione presa dal precedente esecutivo costa infatti due miliardi quest’anno e quattro a partire dal prossimo. Ma per la copertura finanziaria di un intervento del genere il governo non sa come fare. Anche perché altre necessità incombono.

Eliminare l’Imu sulla prima casa, come assolutamente vuole il Pdl, costa altri 4 miliardi l’anno. E poi, anche senza tener conto della richiesta di un robusto taglio del cuneo fiscale sul lavoro (Confindustria vorrebbe 11 punti in meno), ci sono però gli sgravi sulle assunzioni dei giovani che lo stesso governo ha promesso, per non parlare delle cosiddette spese obbligate, tipo il rifinanziamento delle missioni militari.

Il pessimismo sull’Iva si è rafforzato dopo il vertice di ieri a palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e il nuovo Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, che hanno fatto il punto sulla situazione dei conti pubblici e sui provvedimenti da prendere per rilanciare la crescita. A rendere più complicata l’azione del governo c’è anche il contesto sfavorevole sui mercati.

Alcuni segnali degli ultimi giorni consigliano di non abbassare assolutamente la guardia. Qualsiasi errore sul fronte della tenuta dei conti pubblici potrebbe rimettere in moto la speculazione, con esiti imprevedibili. E il ricordo della terribile estate del 2011, con lo spread impazzito e l’euro in difficoltà, è ancora vivo. L’improvviso, e per certi versi inspiegabile, balzo dello spread fino a 288 punti negli ultimi giorni (ieri ha chiuso a 265) non è passato inosservato.

La Banca centrale europea guidata da Mario Draghi è stretta tra margini di manovra ridotti (il tasso è già al minimo storico dello 0,5%) e le pressioni di una Germania in piena campagna elettorale, contraria a politiche espansive sospettate di favorire i Paesi, come l’Italia, altamente indebitati.

Ma il fatto è che, in mancanza di una spinta alla domanda, le stesse prospettive di crescita della Germania ne soffrono, come dimostra la revisione al ribasso dell’aumento del prodotto interno lordo (0,3% nel 2013 e 1,5% nel 2014). Ora, se accanto alla domanda interna, ferma o in ribasso in diversi Paesi europei, frena anche l’export, il quadro non può che peggiorare, anche perché, pur in presenza di una ripresa negli Stati Uniti, l’euro resta forte nei confronti del dollaro.

In questo quadro le fragilità dell’Italia risaltano, a partire da quelle del sistema bancario sottocapitalizzato e appesantito dalle sofferenze. E le preoccupazioni nel governo aumentano. Si sono create eccessive aspettative, ha ammonito più volte Letta. Come dire che non si può sommare la cancellazione dell’aumento dell’Iva con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, con il taglio delle tasse sul lavoro, con l’ammorbidimento della riforma delle pensioni, con il rilancio delle infrastrutture.

Bisogna scegliere. E in questo momento per Letta la priorità è l’occupazione giovanile. Ecco perché cercherà di approvare prima del consiglio europeo di fine giugno il piano per il lavoro, che conterrà una serie di misure a costo zero, l’abbattimento dei vincoli sui contratti a termine e sull’apprendistato, accanto a sgravi contributivi fiscali sull’assunzione a tempo indeterminato dei giovani.

Nel frattempo, il consiglio dei ministri, già la prossima settimana, potrebbe presentare un pacchetto di semplificazioni per le imprese e i cittadini, recuperando la seconda ondata di semplificazioni contenuta nel disegno di legge presentato lo scorso novembre dall’allora ministro Filippo Patroni Griffi, provvedimento caduto con la fine della legislatura. Sono in preparazione a questo scopo un decreto legge e un disegno di legge.

Tra le norme in arrivo, particolarmente attese dalle imprese, c’è la possibilità per le aziende di abbattere e ricostruire gli immobili strumentali a patto di non cambiarne la volumetria; la semplificazione del Durc, il documento unico di regolarità contributiva (si stabilirà che è sempre acquisito d’ufficio, che vale 180 giorni e che non deve essere richiesto per ogni singolo contratto).

Inoltre, dovrebbero essere unificate in un paio di scadenze fisse ogni anno le date degli adempimenti amministrativi, contabili e fiscali che gravano su imprese e famiglie. Con questo stesso pacchetto dovrebbero arrivare l’obbligo di rilasciare i titoli di studio anche in lingua inglese e l’eliminazione di una serie di certificati, come quello di «sana e robusta costituzione».

Misure sicuramente utili, anche se a costo zero. Ma non certo in grado di dare quella scossa di cui c’è bisogno. Per questo Letta continua a sperare che il consiglio europeo di fine giugno autorizzi politiche più espansive e che i mercati continuino ad accordare la tregua. (di Enrico Marro, Corriere della Sera)

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Corriere della Sera – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.

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