Salone del Risparmio, Rania (Banor): perchè investire in modo attivo in azioni e obbligazioni
Riteniamo che una tipologia di gestione attiva debba sempre essere privilegiata su una passiva, specialmente in momenti di mercato altamente volatile come l’attuale. Il motivo principale è legato alla flessibilità della gestione attiva, che può reagire in maniera tempestiva a cambi improvvisi di scenario macroeconomico o geo-politico. La stessa flessibilità invece non è possibile nel breve periodo per una gestione passiva.
Così Gianmarco Rania, responsabile azionario di Banor Capital e gestore di Banor SICAV European Dividend Plus. L’abbiamo intervistato in occasione del Salone del Risparmio, che ha aperto oggi i battenti e durerà fino al 12 maggio 2022 (data in cui parteciperemo anche noi con un’interessante conferenza). Rania ha poi portato qualche esempio di gestione attiva e passiva.
Può illustrarci qualche caso di gestione passiva che ha mostrato i suoi limiti?
Si pensi a quanto accaduto quest’anno agli indici dei mercati emergenti sia azionari che obbligazionari a seguito della crisi ucraina. La gestione passiva ha subìto in pieno il collasso dei titoli russi, presenti in maniera considerevole negli ETF (fondi passivi) legati ai mercati emergenti. Molti gestori attivi, invece, sono riusciti a limitarne o a evitarne completamente l’effetto negativo, a causa delle rigide politiche di gestione del rischio che avevano portato ad una riduzione preventiva (o all’eliminazione totale) del “rischio Russia” da taluni fondi comuni di investimento.
Inoltre, la gestione attiva permette di diversificare maggiormente i portafogli e di ridurre il rischio di “concentrazione”. Un caso emblematico è il settore Growth/Tech americano, che rappresenta una larga fetta degli indici azionari americano e globale. I famosi FAMGS (Facebook (oggi Meta), Microsoft, Google, Amazon), ad esempio, rappresentano fino al 30% in alcuni indici. La loro performance negativa, causata dell’evidente rallentamento nella crescita degli utili nel corso del 2022, sta creando non pochi problemi alle gestioni passive, che sono molto più concentrate su questi titoli rispetto alle attive, più diversificate.
In che modo suggerite di ribilanciare i portafogli?
Suggeriamo quindi di affidarsi ad investitori professionali ed istituzionali e a ridurre progressivamente l’esposizione a strategie passive. Gli investimenti “fai-da-te”, tanto di moda nell’ultimo decennio grazie all’enorme impulso monetario creato dalle banche centrali, ora non funzionino più. In un contesto di elevata volatilità e mancanza di supporto sui mercati, i rischi di perdita permanente del capitale per i risparmiatori si sono elevati significativamente. Raccomandiamo quindi prudenza.
Come investire in un periodo di volatilità come questo? Cosa consigliate di fare ai risparmiatori per difendersi dall’inflazione?
In un contesto di alta volatilità, un sottopeso della componente azionaria è a nostro avviso giustificato, visto l’elevato beta che generalmente i mercati azionari hanno. Inoltre, il forte rallentamento macroeconomico causerà una minor crescita degli utili da parte delle aziende, soprattutto dei settori più ciclici come industriali o finanziari; dall’altro lato, il rialzo dei tassi causato dalla costante pressione inflattiva ha un impatto negativo sulla parte obbligazionaria tradizionale a duration elevata. Riteniamo che tra i pochi settori in grado di offrire una protezione dall’inflazione ci sia il comparto delle materie prime e dei titoli legati a queste. Storicamente l’oro e i titoli auriferi hanno generato ritorni positivi in periodi di elevata inflazione. Le commodity in generale sono considerate strumenti in grado di proteggere il portafoglio dal rischio di inflazione. Nel comparto obbligazionario, poi, l’investimento in titoli legati all’inflazione permette di coprire il rischio di erosione del potere di acquisto. Infine, in ambito azionario, seppur in un contesto di sottopeso generalizzato, crediamo si possano favorire quelle aziende leader nei loro settori, in grado di passare al consumatore finale eventuali aumenti dei costi. Un esempio è il gruppo svizzero Nestlé, azienda alimentare leader nel mondo, che in virtù della sua posizione di mercato e dell’importanza dei suoi brand sarebbe in grado di aumentare i prezzi dei propri prodotti senza avere, a nostro avviso, particolari effetti negativi, sia in termini di crescita del fatturato sia in termini di redditività.
Cosa suggerisce di fare ai consulenti finanziari per gestire meglio la relazione coi clienti in questo momento?
Questi sono i momenti in cui il consulente finanziario deve stare più vicino al cliente. Innanzitutto, a nostro avviso è consigliata una revisione del profilo di rischio del cliente a causa del significativo aumento dei rischi sui mercati e delle presumibili perdite sui portafogli. Per profili più aggressivi e con ottica di medio/lungo termine, invece, consigliamo di iniziare con moderazione ad individuare ed accumulare quei titoli o settori che, grazie alla correzione dei mercati sia azionari che obbligazionari, sono oggi diventati interessanti opportunità di investimento.