La cosa migliore per questo tipo di mercato sarebbe un’ enorme, tremenda, ondata di vendite scatenata dal panico. Lo dice Helene Meisler, una nota analista tecnica specializzata nel monitoraggio della borsa americana.
Il ”selling panic” ripulirebbe infatti la piazza da tutti i venditori, dice la Meisler. A quel punto a wall Street scatterebbe il nuovo tipo di ”sentiment”, che in genere – come insegna in passato – permette che vengano testati i minimi assoluti, che poi e’ l’unico modo perche’ i corsi azionari si riprendano.
L’analista confessa tuttavia di aver ricevuto parecchie e-mail da operatori, trader e investitori, dalle quali ha capito che tutti si aspettano il cosiddetto ”selling” climax; per cui, come spesso accade, puo’ essere che accada esattamente il contrario. D’altra parte – sostiene la Meisler – molti dicono che la vendita in preda al panico non accadra’ per il tipico comportamento di investitori e day-trader, che hanno l’abitudine di comprare titoli quando i prezzi in borsa scendono. La domanda e’: qualcuno ha notato che il fatto che i prezzi continuino a scivolare da varie settimane, possa dipendere proprio da questo fattore, e cioe’ che non si verifica una vendita massiccia e improvvisa?
Analizzando i charts, l’analista nota che ci sono voluti nove giorni perche’ l’indice Dow Jones facesse il passo da quota 10.100 a quota 10.700 (sulla base dei prezzi intraday); ma ci sono voluti solo due giorni per tornare al punto dipartenza. Secondo Helen Meisler il mercato sembra aver trovato, al momento, un livello di resistenza minimo nella discesa verso il basso. Ma le statistiche interne rimangono piutosto brutte. Per esempio in termini di ”sentiment” e’ ancora troppo diffusa la mentalita’ del perenne rialzo. E’ vero che la percentuale di manager e gestori che si definiscono ”bullish” e’ scesa in modo significativo, dal 61,6% al 39,2%. E questa e’ una buona notizia. Allo steso tempo, pero’, i gestori che si dichiarano ”bearish” sono saliti dal 24,6% al 37,5%. (Com’e’ noto questi sono considerati indicatori da interpretare al contrario, e cioe’ piu’ e’ alta la percentuale di Tori e piu’ e’ probabile un ribasso in borsa; piu’ cresce il numero di Orsi, piu’ si prospetta un periodo positivo per le azioni).
Certo, speiga l’analista, una tale fotografia dimostra che a wall Street ci sono oggi piu’ Orsi che Tori. Eppure andando a verificare il”bottom” di ottobre dell’anno scorso (che fini’ con un ”selling climax”) i ”bears” erano il 47%.