Un’indiscrezione particolarmente allarmante è uscita sulle pagine di Repubblica. Si tratterebbe di un piano “d’impatto” escogitato dal possibile futuro ministro delle Finanze, Paolo Savona, il cui scopo sarebbe mettere sotto pressione l’Unione Europea verso la riforma dell’Eurozona. L’ipotesi, stando a quanto trapelato, sarebbe quella di “portare lo spread a 600”, mettendo in chiaro che l’Italia potrebbe essere costretta a uscire dall’euro.
Il retroscena, firmato da Goffredo de Marchis, sarebbe trapelato dall’ex ministro Giulio Tremonti, al quale Savona avrebbe confidato il piano: “Portare lo spread italiano a quota 600 in modo che l’Europa capisca che si fa sul serio e si cambino i vincoli”. Questo retroscena non è stato né confermato né smentito dallo stesso Savona, al momento.
La notizia arriva in un momento cruciale nella scelta della squadra di governo: Savona è il candidato numero uno di Lega e M5s per via XX settembre, ma le sue posizioni di forte contrasto con la Germania e sulle regole europee lo renderebbero un profilo poco gradito al Capo dello Stato. Nel frattempo, l’ipotetico piano ha avuto anche una certa risonanza sui social. Scrive l’ex direttore del Sole 24 Ore, Gianni Riotta: “Perché accontentarci dello spread a 600 per intimidire l’Europa? Facciamo 1000 e cantiamo allegri Se potessi avere 1000 punti di spread al mese”.
Nelle ultime esternazioni pubbliche, Savona ha tenuto un profilo coerente con il suo pensiero, dicendosi indisponibile ad ammorbidire il suo euroscetticismo (“Non cambio pensiero per una poltrona”) e confermando come il suo nome possa essere stato oggetto di veti, evidentemente da parte della presidenza della Repubblica (“Se penso che ci siano dei veti? Certo che sì”).
Secondo le ultime indiscrezioni pubblicate da Huffington Post, Lega e M5s avrebbero trovato un accordo proprio intorno alla spartizione della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia: con un professore pentastellato a Palazzo Chigi, il nome di Savona sarebbe confermato in quota Carroccio. Alterare questo equilibrio farebbe “saltare tutto”.
Nel frattempo, una nota informale del Colle ha avvertito i partiti della neo-maggioranza che non sarebbero graditi diktat sui nomi dei ministri, rivendicando le prerogative del premier incaricato Giuseppe Conte e dello stesso Presidente della Repubblica. Difficile non leggere fra le righe come Mattarella stia cercando di allontanare il premier in pectore dalle direttive dei due leader politici che lo sostengono.