WOLFSBURG (WSI) – Dal tubo di scappamento del dieselgate continua a uscire fumo nero: altri 85mila veicoli equipaggiati con il 3.0 V6 Tdi sono, per ammissione della stessa casa produttrice, incriminati da un altro dispositivo illegale. Fra i marchi coinvolti non solo c’è solo Volkswagen, ma anche Audi e Porsche.
I brand di lusso della casa tedesca hanno montato questo propulsore in tutti e tre i motori diesel V6 prodotti da Audi e venduti sul mercato negli utimi sette anni, dal 2009 fino a quest’anno. In precedenza Volskwagen aveva escluso la possibilità che un programma truccato fosse stato installato nei propulsori da tre litri per alterare le emissioni in modo illecito.
L’aggiornamento di questo software costerà alla società una somma che va dai 40 ai 70 milioni di dollari, secondo le stime comunicate da Audi. La notizia si va ad aggiungere al precedente allargamento di 800mila unità di inizio novembre, quando lo scandalo si è allargato anche alle emissioni di anidride carbonica e alle 11 milioni di vetture a gasolio che originariamente la Volkswagen aveva stimato per il richiamo.
In questo caso è in questione un dispositivo ausiliario al controllo delle emissioni (Auxiliary emissions control device, Aecd) non dichiarato all’Epa, come d’obbligo. Altri due Aecd non sono stati dichiarati all’Epa, ma non sono stati valutati come “defeat device”. Sugli effetti concreti che questo il software incriminato avrebbe sui limiti anti-inquinamento ancora non sono arrivate conferme, ma dalla Audi hanno già comunicato un blocco volontario dei modelli coinvolti. Si tratta delle Audi A6, A7, A8, Q5 e Q7, oltre che delle Volkswagen Touareg e delle Porsche Cayenne.
Nel frattempo l’azienda ha promesso di trovare una rapida soluzione per correggere il problema. Nonostante queste novità il mercato non ha impedito al titolo Volkwagen di chiudere ieri in leggera risalita, mentre al momento le azioni del gruppo di Wolfsburg guadagnano il 2,69%.