ROMA (WSI) – Volkswagen ha ammesso di aver commesso “errori sistematici” e di aver contribuito alla formazione di una cultura dell’illegalità diffusa. Allo stesso tempi Ceo e presidente sostengono che gli alti piani dell’azienda non fossero al corrente della truffa dei motori diesel, truccati per superare i test sulle emissioni inquinanti. Sono alcuni dei dettagli principali emersi dall’interrogatorio fiume a cui è stata sottoposta la casa automobilistica in merito al dieselgate, le cui prime tracce risalgono al lontano 2005.
La sessione serrata di domande e risposte ha messo a dura prova il nuovo amministratore delegato della casa automobilistica tedesca, Matthias Müller. L’ex Ceo di Porsche è stato cooptato il 25 settembre dopo che l’AD Martin Winterkorn ha rassegnato le sue dimissioni suibito dopo lo scoppio dello scandalo sui motori truccati.
Müller, l’uomo prescelto per fare uscire Volkswagen da una pesante crisi che ha compromesso l’immagine di affidabilità dell’industria tedesca e che potrebbe costare miliardi di euro al gruppo, ha dovuto rispondere alle domande dei giornalisti di tutto il mondo durante una conferenza stampa svoltasi a Wolfsburg, sede della compagnia un tempo simbolo dell’efficienza tedesca.
Il neo AD ha tentato di convincere i media della qualità delle misure intraprese per porre rimedio al dieselgate. Il gruppo è accusato di aver montato sistematicamente dei software truccati per superare i test sui motori diesel di circa 11 milioni di vetture vendute in tutto il mondo. Fino alla conclusione dell’inchiesta interna, tuttavia, non si conosceranno i nomi e il ruolo dei responsabili.
Ieri Volkswagen ha annunciato che meno auto del previsto hanno prodotto emissioni CO2 inquinanti e il titolo ha festeggiato in Borsa con un +7%. I richiami, hanno fatto sapere i top manager dell’azienda, inizieranno il mese prossimo per le vetture con motori da 2 litri e successivamente per quelle di minore cilindrata (1,6).
Tuttavia è lo scandalo sugli ossidi di azoto a essere il più grave. Il chairman del Consiglio di Amministrazione, Hans Dieter Pötsch, e l’AD sono stati messi sotto torchio su questo aspetto. Da loro si vogliono conoscere nel dettaglio le colpe e le responsabilità di uno scandalo che ha sconvolto l’intero settore automobilistico e ha messo in dubbio la serietà e qualità dell’ingegneria tedesca, che prima era considerata un punto di riferimento a livello mondiale.
Queste sono le domande più impellenti a cui il Ceo e il chairman avrebbero dovuto fornire una risposta, secondo Il Guardian e Wall Street Italia:
- Come ha fatto Volkswagen a installare i software truccati in milioni di auto?
- Chi e quando è venuto a conoscenza dello scandalo?
- La Commissione europea sapeva nel 2013: era un segreto di Pulcinella anche ai vertici del gruppo?
- Si possono quantificare i danni al brand? Le vendite sono crollate in alcuni paesi come Usa e Regno Unito. In quest’ultimo, gli acquisti di auto Volkswagen sono calati del 20% in ottobre. Anche altrove c’è da aspettarsi simili flessioni?
- Cosa intendete fare per ripulire l’immagine che è stata sporcata per sempre, anche dell’intero settore tedesco?
- Quali sono la posizione e i rischi legali attuali? Volkswagen dovrà pagare multe molto salate, sicuramente in Usa, dove lo scandalo è partito. Potrebbe essere anche costretta a ripagare i governi europei per non aver rispettato i limiti sulle emissioni.
- Ci saranno nuovi tagli dei posti di lavoro? Müller ha promesso di ridurre i costi e tagliare tutti gli investimenti non essenziali del gruppo. Ci sono nuovi dettagli sul piano di risparmio annunciato a ottobre? Quale sarà l’impatto esatto sulla forza lavoro?
- Muller resterà alla guida del gruppo nonostante le pressioni di alcuni influenti azionisti che vorrebbero qualcuno di estraneo all’azienda per ripulire completamente l’immagine di Volkswagen?
- Volkswagen è la sola ad aver barato o ci sono altre società che hanno truccato i motori per poter superare i test?