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Scandalo Volkswagen, Ue aveva sospetti ma non ha agito

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I sospetti sulle irregolarità delle emissioni automobilistiche, poi conclamati dallo scandalo Dieselgate, c’erano già, ma la Commissione europea è stata fin troppo indulgente.

Questo il sospetto insinuato dal quotidiano economico francese “Les Echos”, che ha avuto accesso ai documenti che la Commissione Ue ha affidato alla commissione parlamentare incaricata d’indagare sull’affaire emissioni.

Il giornale scrive che queste carte dimostrano come l’istituzione europea sia stata priva di nerbo nel passare all’azione di fronte “a crescenti sospetti emersi dalle pratiche delle case automobilistiche”. Che i vertici della Commissione fossero certi delle violazioni, non è un dato assolutamente certo, è bene chiarirlo, ma già nel 2008-2009 il centro di ricerca dell’istituzione, il Jrc, aveva ricevuto l’incarico d’appurare perché, nonostante il restringimento delle norme sulle emissioni, la qualità dell’aria non migliorava.

Nel 2014, un anno prima dello scoppio dello scandalo, dai responsabili ambientali della Commissione veniva inviata una missiva in grado di rivelare i sospetti sulle pratiche illecite dei costruttori:

“Continuiamo a credere che sarebbe necessario indagare” sulle “attuali pratiche estensivamente documentate dal Jrc e altri”, pratiche che consentono “ad alcuni costruttori di usare sistemi di riduzione” che vengono disattivati “allorquando le temperature sono basse o quando il veicolo necessita di maggiore potenza”.

Questa lettera indirizzata dal responsabile ambientale della Commissione Ue, Karl Falkenberg, al suo omologo della direzione delle imprese, prosegue senza lasciare molti dubbi:

“la richiesta di approfondire questo argomento è rimasta senza risposta fino ad oggi”. Lo sarebbe stata fino allo scoppio del caso Volkswagen.

Nel 2012, scrive Les Echos, durante un’altra discussione della Commissione Ue che si era rivelata “molto calda” era divenuto “ovvio che le case automobilistiche resistono [resistevano] fortemente all’introduzione” di test in condizioni di guida reali.

Un messaggio che era pervenuto dall’Europa agli stati membri, i quali non possono giocare la carta dell’ignoranza sulla materia”, conclude il quotidiano.