L’accordo della conferenza internazionale sul clima riunitasi a Parigi lo scorso dicembre non ha ancora compiuto un anno, ma diversi scienziati hanno avvertito che, a meno di grossi cambiamenti, i suoi obiettivi non potranno mai essere raggiunti.
Le 195 nazioni che hanno raccolto la sfida del riscaldamento globale avevano concordato di mantenere la crescita della temperatura “ben al di sotto” dei due gradi Celsius, puntando all’1,5. Al momento ci si muove sulla via che porta a un riscaldamento di 2,7 gradi.
Riuniti nella cornice della conferenza dell’Università di Oxford tenutasi la scorsa settimana, numerosi scienziati hanno avvertito che, di questo passo, le emissioni non potranno essere ridotte in tempi utili per centrare gli obiettivi e che ciò renderà necessario rimuovere l’inquinamento dell’anidride carbonica dall’atmosfera con “tecnologie a emissione negativa”.
Queste ultime, ha dichiarato Pete Smith scienziato della università di Aberdeen, “saranno probabilmente necessarie, che ci piaccia o no”.
Opzioni operative in tal senso vanno dalla piantagione di foreste al recupero delle emissioni nocive delle centrali elettriche perché vengano pompate nel sottosuolo.
Senza cambiamenti decisi, avvertono gli scienziati da Oxford, il mondo potrebbe superare una soglia critica entro dieci anni, aggravando i problemi come l’approvvigionamento di acqua o lo scioglimento dei ghiacciai.
Ma oltre alle tecnologie di “emissione negativa” ci sono molti altri interventi decisivi che possono e debbono raccogliere il contributo della gente comune, ad esempio: sviluppare diete più ecosostenibili (con meno carne bovina in particolare) ridurre la produzione di rifiuti e “molti cambiamenti comportamentali” che non sono richiesti al governo “ma da noi”, ha affermato Smith.
Questo mutamento deve prendere le mosse da un dato di fatto: che “siamo tristemente indietro nella nostra risposta attuale al cambiamento climatico”, come sottolineato, dal direttore dell’organizzazione sudafricano SouthSouthNorth, Stefan Raubenheimer.