Mercati

Sciopero bancari: oltre il 92% delle filiali è chiuso

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Folto presidio di lavoratori bancari davanti alla sede dell’Abi di Milano. Nel giorno dello sciopero degli oltre 300mila lavoratori del settore del credito, un gruppo di scioperanti sta manifestando contro la disdetta unilaterale e anticipata dei contratti nazionali di fronte al quartier generale milanese dell’Associazione bancaria italiana.

Con bandiere delle sigle di riferimento (tra cui Fabi, Fiba-Cisl, Uilca-Uil e Fisac-Cgil) e fischietti i lavoratori si sono riversati nella strada, paralizzando di fatto il traffico della zona. Tra le richieste al centro della protesta ”il mantenimento del fondo di solidarietà e lo stop alle minacce di nuovi tagli a occupazione e retribuzioni”. Intanto – come previsto – non si segnalano problemi nelle trattative telematiche in Borsa, dove i dipendenti da circa un anno hanno il contratto dei bancari.

La prima volta dei bancari in piazza. Per lo sciopero della categoria, il primo da 13 anni, tutti i sindacati hanno organizzato giovedì 31 ottobre un corteo a Ravenna, città del presidente Abi Giovanni Patuelli (numero uno della locale Cassa di Risparmio) e manifestazioni a Roma, Genova, Padova e Milano.

Oltre il 90% di partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori del credito alla mobilitazione, la quasi totalità delle filiali chiuse.” E’ stata altissima e determinata – spiega il segretario generale Uilca, Massimo Masi – l’adesione e dei lavoratori bancari allo sciopero indetto contro l’Abi per la sua grave decisione di disdettare unilateralmente il Contratto nazionale del settore con oltre otto mesi di anticipo sulla scadenza”.

“Questo risultato, superiore anche alle aspettative del sindacato, dimostra in modo inequivocabile la compattezza dei bancari come categoria, che chiede rispetto e strumenti adeguati di tutela e valorizzazione dell’occupazione e delle loro professionalità – prosegue Masi – Dopo questa risposta di unità e fermezza l’Abi ora riveda le posizioni prevaricatorie e irresponsabili che l’hanno portata a disdettare il Contratto nazionale e impedire l’apertura di un serio confronto per il mantenimento del Fondo di solidarietà di settore”.
(ANSA-TMNEWS)

__________________
L’ANALISI di Rita Querzè

MILANO (WSI) – Sciopero dei bancari: quale è la posta in ballo? E, soprattutto, quali prospettive ci sono per una ripresa del confronto? Ecco due domande cruciali in una giornata in cui molti sportelli resteranno chiusi.

Il sindacato della categoria si aspetta un’adesione elevata alla protesta: 70 per cento. E promette già un calendario con più giornate di astensione dal lavoro se l’Abi non sospenderà la disdetta del contratto nazionale di categoria comunicata il 16 settembre.

Dal canto suo l’associazione bancaria italiana ha spiegato in più occasioni la ragioni di una decisione difficile: la crisi pesa anche sugli istituti di credito e il costo del lavoro è diventato insostenibile. Ma andiamo con ordine.

Cosa comporta la disdetta del contratto. Il contratto nazionale era stato firmato a gennaio nel 2012 e scade il 30 giugno dell’anno prossimo. Per effetto della disdetta, dal primo luglio 2014 non sarà prorogato nemmeno in mancanza di una nuova intesa.

Nella prima metà del 2014 è previsto uno scatto retributivo: i bancari lo avranno comunque in busta paga (il grafico degli stipendi). La disdetta consente, però, agli istituti di credito di non ripristinare alcune voci del Tfr decurtate a partire dal gennaio 2012. Più in dettaglio, il contratto appena disdettato prevede a regime 170 euro lordi l’anno in più in busta paga.

Ma per ottenere questo risultato il sindacato aveva accettato le cosiddette “compensazioni”, ovvero tagli ad altre voci della busta paga, in particolare del Tfr. Voci che – senza la disdetta dovevano essere ripristinate dalla seconda metà del 2014. Secondo stime sindacali, di fatto le “compensazioni” riducono l’aumento reale in busta paga del 50 per cento.

Congiuntura difficile. Quando venne firmato il contratto le parti pensavano che nel 2014 il momento delle vacche magre sarebbe stato un ricordo. Così non è stato. A oggi le sofferenze bancarie (soldi prestati che gli istituti non contano più di recuperare) in Italia ammontano a 140 miliardi di euro. Dal canto suo ieri, durante la giornata del risparmio, il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha parlato di necessità per il sistema bancario di tagli dei costi, specie del personale che rappresenta la metà di quelli complessivi. Nello stesso tempo ha invocato una riduzione dei compensi per i manager degli istituti di credito.

Una categoria in mezzo al guado. Di certo negli ultimi vent’anni il posto in banca è cambiato. Come mostra la tabella in questa pagina, (allegata) il potere d’acquisto dell’impiegato allo sportello si è ridimensionato. Non solo.

Secondo il primo sindacato della categoria, la Fabi, da gennaio 2000 al 2013 sono stati tagliati 48 mila posti di lavoro. Da oggi al 2020 è già stabilita l’uscita di altri 19.800 colletti bianchi. Morale: 70 mila posti in meno. Lo stesso sindacato stima che per ogni quattro posti persi uno solo sia rimpiazzato con un’assunzione.

Il ruolo del governo. Il sindacato spera a questo punto sia il governo a sciogliere l’impasse. Convocando le parti. Lo ha detto ieri in modo esplicito il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale. Molti hanno considerato un buon auspicio una dichiarazione del ministro del Lavoro.

“Ritengo ancora possibile, per contatti avuti con il sindacato e con l’Abi, una soluzione che contempli diversi obiettivi, compresa la tutela dei lavoratori”, ha detto Enrico Giovannini. Quello che la categoria a questo punto teme di più, è l’eventualità di rinnovi contrattuali azienda per azienda. Ma anche la prospettiva di nuovi esuberi. Perché a questo punto della storia la carta (meno dolorosa) dei prepensionamenti è già stata giocata.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Copyright © Corriere della Sera. All rights reserved