Società

Sciopero fiscale, come si può attuare e cosa si rischia

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ROMA (WSI) – Pronti allo sciopero fiscale. E’ la minaccia che giunge dai governatori leghisti del Veneto, Luca Zaia e dal suo collega della Lombardia, Roberto Maroni. L’obiettivo è protestare contro i probabili tagli alla Sanità, che presto potrebbero abbattersi in maniera lineare su tutte le Regioni, anche su quelle del Nord che invece sono più virtuose nella spesa per la salute.

La protesta di Zaia e Maroni segue le minacce giunte da tempo dal segretario del loro partito, cioè il leader della Lega Nord Matteo Salvini, che già dall’estate scorsa ha già proclamato uno sciopero contro il fisco, fissando pure sul calendario la possibile data: 14 novembre 2014.

Ma in cosa consisterebbe la resistenza anti-tasse ipotizzata dai leghisti? Tra le iniziative ventilate dal Salvini, per esempio, ci sono azioni dimostrative come le serrande abbassate nei negozi, le vendite senza scontrino, il mancato acquisto delle sigarette o del Gratta e Vinci o il versamento in ritardo di alcune imposte come l’iva da parte di commercianti, artigiani e professionisti . L’imperativo per chi aderisce allo sciopero sarà uno solo: non dare un centesimo allo stato, almeno per 24 ore.

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Va ricordato che lo sciopero fiscale è un atto dimostrativo che ha una lunga tradizione alle spalle ed è stato attuato più volte nella storia da diversi movimenti rivoluzionari. Tra le azioni più fortunate, per esempio, ci sono quelle del Mahatma Gandhi in India, contro le vessazioni del governo britannico. Altri celebri precedenti nella storia risalgono alla Guerra d’Indipendenza americana (sempre contro la corona inglese), alla Rivoluzione Francese e, in tempi più recenti, alle proteste contro l’intervento armato in Vietnam.

Ma cosa rischia chi mette in pratica queste forme di protesta? Tutto dipende ovviamente da come lo sciopero fiscale viene attuato. Di solito, gli organizzatori cercano di massimizzare i danni per lo stato e di minimizzare invece le conseguenze per i dimostranti. Esempio: se un consumatore non compra le sigarette o rinuncia al Gratta e Vinci, ovviamente non rischia nulla e invece contribuisce parecchio a far calare il gettito pubblico. Il discorso è diverso, invece, se la protesta fiscale si concretizza con altre azioni come la mancata emissione di uno scontrino.

In tal caso, è bene ricordarlo, la legge prevede una sanzione da 516 euro per l’esercente. Se il negoziante risulta non aver fatto la ricevuta per più di quattro volte nell’arco di 5 anni, può subire anche la sospensione dell’attività per un periodo che va da un minimo di 3 giorni e arriva fino a a un massimo di un mese.

La punizione è dunque molto severa ed è difficile che un esercente sia disposto a correre questo rischio. Più limitate sono invece le conseguenze per chi mette in atto una protesta fiscale attraverso il ritardato pagamento di certe imposte. Per il pagamento dell’iva oltre le scadenze, per esempio, può esservi una sanzione fino al 3,75% dell’importo dovuto, se contribuente (con la procedura del ravvedimento operoso) paga spontaneamente le tasse in ritardo, ma prima di presentare la successiva dichiarazione dei redditi (relativa all’anno in cui è avvenuto il mancato pagamento).

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