ROMA (WSI) – Al centro dell’idea di welfare, si sa, vi è la famiglia e proprio al fine di sostenere i nuclei familiari che il governo ha cercato di mettere in atto varie misure fiscali, l’ultima in ordine temporale il famoso bonus bebè, un assegno da 80 euro al mese per i figli nati dal 2015.
Una misura che nei fatti non ha certamente invogliato le coppie a fare figli e per far leva sulla natalità il Governo studia un’altra misura che riguarderebbe la scelta di rafforzare i benefici riservati ai figli successivi al primo. A parlarne è il quotidiano Il Messaggero, secondo cui “nel programma nazionale di riforma inserito nel Def, il Governo intende attraverso una delega legislativa, coordinare e unificare la complessa normativa sulla famiglia attraverso la redazione di un apposito Testo unico che collochi in un quadro unitario le numerose misure esistenti”.
“In questo contesto, si pensa anche a «una revisione degli strumenti di sostegno diretto e indiretto in favore delle famiglie, anche al fine di incentivare la natalità». Nella revisione potrebbe rientrare la scelta di rafforzare i benefici riservati ai figli successivi al primo”.
A portare aria nuova potrebbe essere stato il nuovo titolare della delega per la Famiglia, Enrico Costa, ministro degli Affari regionali. Si parla in primo luogo di riordino delle misure esistenti che vanno dalle classiche detrazioni per figli a carico – “riconosciute per il coniuge e per i figli, sono decrescenti al crescere del reddito e si annullano ad un reddito di circa 90 mila euro: nell’anno di imposta 2014 valevano in tutto 13 miliardi e sono state percepite da quasi 12 milioni e 700 mila contribuenti” – l’assegno al nucleo familiare (Anf) – “un’erogazione diretta da parte dell’Inps nelle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (e dei pensionati che provengono da quel mondo)” – al recente bonus bebè.
“Al di là dell’inevitabile inefficienza amministrativa di un sistema così frastagliato, non è infrequente che una famiglia non sappia esattamente a quali prestazioni ha diritto e quali sono gli adempimenti necessari. Il governo dovrà valutare se in occasione del riordino potranno emergere risorse aggiuntive: si ragiona sulla possibilità di concentrare l’effetto dei detrazioni fiscali e bonus bebè sul secondo figlio, come specifica misura di incentivo alla natalità”.
Nella stessa ottica di alleggerire la pressione fiscale e favorire famiglie e lavoratori, nella prossima legge di stabilità potrebbero inoltre essere inseriti interventi sulla previdenza complementare, con la riduzione dell’aliquota recentemente portata al 20% o l’aumento della deducibilità dei contributi a fondi privati.
Ma a parte gli incentivi a fare figli, gli italiani hanno ben altro a cui pensare, ossia le tasse. Come ha rivelato la Cgia di Mestre, negli ultimi anni alla guida di Monti, Letta e infine Renzi, le imprese e le famiglie italiane hanno dovuto sostenere uno sforzo fiscale aggiuntivo di ben 29,3 miliardi di euro.
“Tra le principali tasse locali, solo l’Irap (-4,2 miliardi pari a una variazione del -13 per cento) ha subito una contrazione abbastanza decisa: tutte le altre, invece, hanno registrato un netto aumento. Tra il 2010 e il 2015 l’addizionale regionale Irpef è aumentata di 3,1 miliardi di euro (+39 per cento). L’anno scorso nelle casse dei governatori sono finiti ben 11,3 miliardi di euro. L’addizionale comunale Irpef è aumentata di 1,4 miliardi (+51 per cento): nel 2015 questa imposta ha garantito ai Sindaci un gettito di ben 4,3 miliardi di euro. Ma l’imposta che ha subito l’incremento più sensibile è stata quella sugli immobili. Se nel 2010 l’Ici consentì ai primi cittadini di incamerare 9,6 miliardi, nel 2015 i Sindaci con l’Imu e la Tasi hanno incassato ben 21,3 miliardi (variazione in termini assoluti pari a +11,6 miliardi che corrispondono ad una variazione del +120 per cento)”.