Sale la tensione tra Stati Uniti e Cina in quella che è ormai una guerra commerciale conclamata. Un conflitto che tipicamente è facile da iniziare ma difficile da fermare. Dopo che lunedì Pechino ha risposto all’aumento dei dazi su acciaio e alluminio decisi da Washington alzando la barriere su 128 prodotti nel settore agroalimentare, gli Stati Uniti hanno pubblicato una lista di circa 1.300 prodotti esportati dalla Cina sui quali potrebbe imporre tariffe per un valore di circa 50 miliardi di dollari. Pechino ha risposto a sua volta con dazi sorprendentemente di entità analoga.
L’elenco dei prodotti cinesi colpiti, che comprende prodotti chimici industriali, medicinali e metalli, deve ancora essere ultimato ed è considerato la risposta al presunto furto cinese di segreti industriali, con violazione della proprietà intellettuale di software, brevetti e tecnologia “made in Usa”.
Immediata è arrivata la controffensiva di Pechino. In un primo momento la Cina ha condannato l’annuncio degli Stati uniti di nuovi dazi doganali su una lista di prodotti cinesi e si è detta pronta a rispondere “nei prossimi giorni” alla decisione. Poi Pechino è passata all’azione e ha dato seguito al comunicato del ministero del Commercio con i fatti: 106 prodotti tra cui auto, whisky e soia per un valore complessivo di 50 miliardi di dollari saranno tassati al 25%.
Si tratta di un “comportamento totalmente infondato, tipicamente unilaterale protezionista, al quale la Cina si oppone e che condanna fermamente”, ha spiegato il ministero facendo eco a un comunicato dell’ambasciata cinese a Washington.
Julian Evans-Pritchard, Senior China Economist di Capital Economics, ritiene che l’intensità e la portata delle ritorsioni cinesi rappresentano una sorpresa in negativo. “L’idea che la Cina non avrebbe risposto in maniera troppo aggressiva per scongiurare eventuali escalation delle tensioni è stata smentita. La risposta della Cina ha sorpreso alcuni”.
“L’Organizzazione Mondiale del Commercio è in grave pericolo”
Intanto il rappresentante cinese al WTO, Zhang Xiangchen, ha affermato che i dazi annunciati dagli Stati Uniti per recuperare le presunte perdite dovute a un abuso di proprietà intellettuale costituiscono “una violazione intenzionale e grave dei principi fondamentali del WTO” di non discriminazione e tariffe vincolate. E infatti Pechino ha avviato contro i dazi Usa una procedura di infrazione presso l’Organizzazione mondiale del commercio, con sede a Ginevra.
In seguito alle decisioni delle autorità cinesi, sui mercati valutari lo yuan ha esteso le perdite e ora registra la performance giornaliera peggiore da febbraio nei confronti di sterlina britannica (vedi grafico) e dollaro Usa, con il cross dollaro yuan che torna a viaggiare in area 106. Tra le materie prime, i prezzi della soia calano del 4,41% a quota 9,92 dollari.
Tornano così a soffiare i venti di guerre commerciali che tanto hanno spaventato i mercati mondiali da quando il presidente americano Donal Trump ha annunciato dazi su acciaio (25%) e alluminio (10%), ventilati sin da fine gennaio (quando annunciò tariffe su lavatrici e pannelli solari) ed entrati in vigore lo scorso 23 marzo.
A nulla è valso il pressing esercitato dalle aziende Usa affinché l’amministrazione Trump cambiasse idea; il loro timore è che alla fine saranno loro a farne le spese. Sia la Camera di Commercio americana sia la National Association of Manufacturers si erano opposti insieme anche all’Information Technology Industry Council (di cui fanno parte Apple, Dell, Ibm e Google). Trump si è limitato a commentare gli ultimi sviluppi dicendo che “abbiamo perso la guerra commerciale tanti anni fa”.