Lo spettro dell’inflazione e’ piombato sull’economia americana. L’indice dei prezzi al consumo ha registrato nel mese di marzo un incremento dello 0,7%, al di sopra delle aspettative dei mercati, dopo un aumento dello 05% in febbraio e dello 0,2% in gennaio.
Quello di marzo e’ il piu’ forte incremento dall’inizio dell’anno, ma a destare le maggiori preoccupazioni preoccupazioni e’ un balzo dello 0,4% del “core index”, ovvero il dato depurato dalle componenti piu’ volatili, quello alimentare e dell’energia.
Per il “core index” si tratta del piu’ forte incremento dal gennaio 1995 e la notizia ha avuto un impatto immediato sul mercato dei futures: sull’indice Dow Jones il calo e’ dello 0,68%, sul Nasdaq dell’1,12% e sullo Standard & Poor’s dello 0,63%.
“Credo che sia il dato peggiore che io abbia visto da molto tempo – e’ stato il commento a caldo di Cary Leahey, economista di Deutsche Bank Securities a New York – Se all’aumento dei prezzi al consumo aggiungiamo un sostanziale aumento dei salari orari negli ultimi tre mesi, abbiamo di fronte il quadro perfetto per un aumento dei tassi d’interesse. Se ci fosse stato ancora qualche dubbio sugli orientamenti della Federal Reserve nella riunione di maggio, ora e’ sparito definitivamente”.
I prezzi dell’energia, che pesano per il 10% sull’indice, sono aumentati del 4,6% in marzo; quelli del settore alimentare, che incidono per il 20%, registrano un incremento contenuto allo 0,1%.
Nelle altre categorie l’incremento piu’ forte si e’ registrato nel settore dei trasporti (+2,5%) a causa dell’impennata delle tariffe aeree (+4,6%); i prezzi dei generi di abbigliamento sono aumentati dello 0,3%; quelli del tabacco dell’1,1%.