Mentre ieri la primo ministro scozzese Nicola Sturgeon invocava un secondo referendum sull’indipendenza dal Regno Unito, dopo quello del 2014, il leader dei secessionisti catalani, l’ex presidente Artur Mas, è stato condannato a due anni di interdizione dai pubblici uffici per aver indetto una consultazione popolare non autorizzata dal Parlamento madrileno. Anche in questo caso l’oggetto della votazione era lo stesso: l’indipendenza dallo stato nazionale, così come medesimo era l’anno tale consultazione è avvenuta, il 2014. In entrambe le esperienze, nota il direttore di Strade, Piercamillo Falasca, sarebbe un errore collegare alle intemperanze di Scozia e Catalogna i sintomi di un’Europa che si sta sfaldando. Entrambe le regioni, che reclamano l’indipendenza, sono fortemente europeiste: in occasione del referendum sulla Brexit, infatti, in Scozia aveva vinto il “Remain”.
Garantire l’indipendenza alle minoranze culturali forti come quelle catalane, o, per citare un caso italiano, quelle altoatesine, minaccerebbe l’integrazione Europea? Secondo Falasca, piuttosto, sono gli stati nazionali a impedire passi più spediti verso un’unione più profonda.
Realtà nazionali come Scozia e Catalogna riconoscono all’Unione Europea “una maggiore capacità di tutela delle loro specificità rispetto agli Stati di cui oggi fanno parte”, scrive Falasca, “Sono questi ultimi, semmai, a minare le fondamenta della costruzione europea, in nome di un equivoco sovranismo e dell’illusione di poter tornare ai fasti imperiali di un tempo”.
Più ambiguo è il caso della Lega Nord, che, pur appoggiando i vari indipendentismi, forte della suo radicamento originario alla causa della “Padania” indipendente, è adesso più euroscettica che mai. In questo, la Lega si avvicina di più a movimenti di destra nazionale come il Front National, del quale è alleato al Parlamento Europeo, che non ai movimenti indipendentisti. In generale, le forze politiche che difendono lo “stato forte”, mal s’accoppiano con le cause indipendentiste che ne ledono la supremazia. La stessa Costituzione italiana dichiara la Repubblica “indivisibile”, segno che nessun percorso democratico potrebbe mai legalizzare una secessione. Per quanti, invece, sognano il superamento degli stati nazionali in prospettiva Europea, casi come quelli sperimentati in Scozia e Catalogna dovrebbero essere guardati con favore: “Se si ha a cuore il futuro della democrazia e di un’Europa pacifica e resa forte anche dalla ‘debolezza’ delle sue parti costituenti”, conclude Falasca, “bisogna lasciare che scozzesi e catalani votino liberamente e scelgano se essere o meno cittadini di due nuovi piccoli e pacifici stati d’Europa (e dell’Unione Europea)”.