I detti e contraddetti di alcune fra le maggiori società tecnologiche americane hanno alimentato nuove illusioni, e speculazioni, sul Bitcoin. L’ipotesi, smentita nel giro di una giornata, che Amazon potesse accettare la criptovaluta per eccellenza come forma di pagamento aveva riavvicinato il Bitcoin a quota 40mila dollari, che non era stata più raggiunta dallo scorso 16 giugno. La fiammata ha avuto vita breve, dal momento che le indiscrezioni circolate intorno ad Amazon sono state neutralizzate da un portavoce della società, riportando le valutazioni in area 36mila durante la giornata del 26 luglio.
Cosa è successo negli ultimi giorni
Facile rievocare, in questa vicenda, le recenti vicissitudini fra Tesla e il Bitcoin: prima accettato come forma di pagamento per alcune settimane, poi scaricato per via del suo crescente impatto ambientale e successivamente “riabilitato” in vista di una sua possibile riammissione.
“Volevo un po’ più di due diligence per confermare che la percentuale di utilizzo di energia rinnovabile” ne mining del Bitcoin “è molto probabilmente pari o superiore al 50% e che c’è una tendenza all’aumento di tale numero, in tal caso Tesla riprenderebbe ad accettare Bitcoin”, aveva dichiarato il ceo di Tesla, Elon Musk, lo scorso 22 luglio, durante la B Word cryptocurrency conference.
Le due storie, comunque, sono abbastanza diverse. Nel primo caso ad essere smentita è stata un’indiscrezione; nel secondo le decisioni cambiate ripetutamente attraverso uscite ufficiali. Non solo: Tesla è anche direttamente esposta a Bitcoin per oltre un miliardo di dollari. A febbraio ne aveva acquistati un ammontare pari a 1,5 miliardi di dollari e a fine marzo tale acquisto era aumentato di valore salito a 2,48 miliardi. Nel secondo trimestre, tuttavia, il valore del Bitcoin è sceso del 40%. L’influenza di Elon Musk sul prezzo del Bitcoin è stata già evidenziata come il caso di un disinvolto utilizzo del proprio potere mediatico. Forse, siamo cauti, non è stato un utilizzo del tutto disinteressato.
Bitcoin, prevale ancora l’elemento speculativo
Queste recenti vicende possono in qualche modo far riflettere sull’elemento puramente speculativo che ancora caratterizza le fluttuazioni del Bitcoin e delle criptovalute. Ogni notizia che possa in qualche modo indicare una più ampia accettazione della moneta peer to peer da parte dei grandi nomi, siano essi banche o aziende, viene “prezzata” come se fosse il segnale di una futura accettazione mainstream come mezzo di pagamento. Ciascuno di questi segnali, tuttavia, ha un valore molto limitato al confronto dei grandi ostacoli che si frappongono fra il Bitcoin e la sua integrazione con i pagamenti tradizionali. Da un lato, i suoi limiti in termini di stabilità del valore: accettarlo come pagamento significa esporsi alla sua estrema volatilità, aumentando l’incertezza. E’ sempre più vigile, poi, l’occhio delle autorità sui possibili utilizzi delle criptovalute in attività illecite. Questo preannuncia crescenti controlli e un conseguente calo di attrattiva per questa forma di pagamento.
Infine, la concorrenza da parte delle monete digitali delle banche centrali è pronta a entrare in azione nel giro di qualche anno: l’obiettivo di queste monete, fra le altre cose, è offrire un’alternativa “di Stato” alle monete peer-to-peer. Se le caratteristiche funzionali saranno paragonabili o migliori, si prevede che il grande pubblico preferirà euro o dollari digitali, rispetto alle controparti decentralizzate. Sempre che, in definitiva, queste ultime rimangano legalmente utilizzabili.
Per la Banca dei regolamenti internazionali, che ha analizzato i dati raccolti dai risparmiatori statunitensi, l’evidenza suggerisce che – al netto del possibile ruolo del Bitcoin in futuro – chi oggi l’acquista ha prevalentemente obiettivi speculativi. Infatti, chi investe in criptovalute raramente lo fa perché intende escludere o estromettere gli intermediari finanziari – che poi è l’obiettivo per il quale la moneta peer-to-peer è nata.
La natura di questo mercato, insomma, mette in secondo piano tutte le considerazioni di fondo e di lungo periodo, perché quando è la speculazione che guida tutto, conterà sempre di più l’ultimo tweet.