Nuova tegola sulla vicenda legata alla scarsità dei semiconduttori e ai loro prezzi, una componente comune nei circuiti elettronici e presente praticamente in ogni oggetto di tecnologia di consumo, dai cellulari ai televisori, sta preoccupando le filiere di molte, importanti, aziende.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal il colosso dei chip Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) aumenterà i prezzi dei chip fra il 10% ed il 20% con efficacia fra la fine del 2021 e l’inizio del 2022.
Una notizia che desta preoccupazione perché sulla base di un recente rapporto del Capital International Group, i semiconduttori sarebbero il “nuovo petrolio” senza il quale non sarebbe possibile mettere in moto cambiamenti rivoluzionari.
Semiconduttori, a cosa è dovuto l’aumento dei prezzi
Il mercato dei semiconduttori è in fibrillazione a seguito di numeri problemi sul lato dell’offerta e della domanda. Oltre al rallentamento della produzione dovuta all’emergenza Covid sullo sfondo ci sono stati altri problemi come un incendio che nell’ottobre del 2020 ha distrutto una fabbrica di microchip in Giappone e la tempesta di neve che ha colpito il Texas quest’anno bloccando per diverse settimane due fabbriche.
Sul fronte della domanda sono sempre più numerosi i settori che hanno incrementato notevolmente l’utilizzo dei semiconduttori. Gli analisti di Gam hanno evidenziato che nell’industria automobilistica si prevede certamente una crescita nel lungo periodo dato che il contenuto in dollari nei veicoli aumenta con lo sviluppo della guida autonoma e semiautonoma. Da una recente ricerca di Arete è emerso che il contenuto di semiconduttori per veicolo leggero è aumentato da 310 dollari per auto nel 2015 a 397 dollari per auto nel 2019, con un tasso di crescita composito annuo modesto del 6,4% (Cagr). Nei prossimi cinque anni la crescita dovrebbe accelerare a 630 dollari per auto, con un Cagr di quasi il 10%.
Nei giorni scorsi il ministro dell’Economia di Taiwan, Wang Mei-hua, aveva rassicurato sull’impegno delle aziende del Paese asiatico per accelerare sulla produzione e “raggiungere un equilibrio entro gli ultimi tre mesi dell’anno” nella fornitura di chip al settore dell’auto.
Se la notizia venisse confermata l’incremento avrà l’effetto di un aumento dei prezzi a cascata da parte dei clienti di TSMC che includono la maggioranza delle aziende di semiconduttori a livello globale, come Infineon e STMicroelectronics, oltre ad alcuni importanti produttori di dispositivi, come ad esempio Apple. Ciò potrebbe tradursi anche in un aumento dei margini, ma non per tutti.
Atteso un aumento della produzione ma non a breve
Per reagire alla crisi, le più grandi aziende di semiconduttori al mondo hanno già pianificato investimenti da miliardi di dollari in nuovi impianti di produzione per soddisfare la recente domanda oltre che per gestire le tensioni geopolitiche, ora che i semiconduttori sono considerati addirittura una priorità di sicurezza nazionale.
Taiwan Semiconductor Manufacturing (TSMC), leader indiscusso del settore, prevede di spendere 100 miliardi di dollari da qui al 2023 per nuovi stabilimenti produttivi di chip, tra cui un grande sito progettato in Arizona. TSMC detiene quasi l’80% della quota di mercato per la produzione di chip all’avanguardia e tra i suoi clienti si annoverano Apple, Qualcomm e Broadcom.
Dal canto suo, Intel intende spendere 20 miliardi di dollari in due nuovi impianti in Arizona, mentre Samsung Electronics sta pensando di costruire un nuovo sito manifatturiero in Texas per un valore di 17 miliardi di dollari.