È entrato per la prima volta in parlamento appena tre mesi fa, ma Matteo Renzi ha deciso di mettere in standby la sua attività politica di “senatore semplice”. L’obiettivo, nei prossimi mesi, sarà quella di conferenziere a pagamento, in varie parti del mondo.
Non è una novità per gli ex capi di governo: è stata un scelta anche di Barack Obama, Tony Blair o, come ex ministro delle Finanze, di Yanis Varoufakis. La differenza, non di poco conto, è che nel loro caso erano liberi da incarichi e non sedevano in parlamento a spese dei contribuenti.
In un colloquio con il Corriere della Sera, l’ex premier ha dichiarato che l’ultimo impegno da senatore, prima della partenza, sarà il voto di fiducia al nuovo governo Conte, che il Pd ha già deciso di non sostenere. La prima tappa della nuova fase renziana, quella del conferenziere, sarà negli Usa, in occasione della commemorazione dell’omicidio di Robert Kennedy. Nel frattempo, Renzi procederà con la stesura del suo nuovo libro, che dovrebbe essere presentato in occasione della Leopolda, che lo vedrà nuovamente protagonista fra il 19 e il 21 ottobre.
L’ “esilio autoimposto” lascerà dunque correre i primi mesi di vita del nuovo esecutivo, nella speranza che l’ebbrezza del “cambiamento” si vada a scontrare da qualche parte (Europa, mercati) e che si apra lo spazio a una nuova proposta elettorale sul modello di “En Marche” di Macron. Questa prospettiva, è ormai da tempo delineata da numerose indiscrezioni.
Del resto, anche l’ex capo del governo francese, il socialista Manuel Valls, lo aveva profetizzato alla vigilia delle elezioni del 4 marzo: “Renzi avrebbe dovuto fondare un suo movimento, in stile Macron, abbandonando il Pd?”, gli domandava Repubblica, “Sì, ho fatto lo stesso errore”, aveva ammesso Valls, anch’egli ridotto al ruolo di semplice parlamentare e ormai considerato vecchia promessa del sistema politico francese, “la socialdemocrazia, e i partiti che l’hanno incarnata, appartengono al passato”.