Economia

Senza pensione e felici: il futuro visto da un top adviser

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Che le pensioni siano un mondo da riformare profondamente, in vista dei cambiamenti economici e demografici delle future generazioni non è certo una novità. Affermare che un domani non troppo lontano non esisterà più il concetto stesso di “pensione” come oggi lo intendiamo, suona molto più strano. Ancor più lo è aggiungere che l’autore di quest’affermazione, il presidente della Edelman Financial Services, Ric Edelman, ritiene che la gente sarà ben contenta di rinnovare la propria vita lavorativa finché sarà fisicamente in grado di farlo. Il fondatore dalla grossa società di consulenza, che fra le altre cose si occupa proprio di pianificazione pensionistica, lo ha dichiarato in un video pubblicato su Business Insider.

“La nozione di pensionamento è andata. E’ stata un’innovazione del 20esimo secolo: non esisteva nel 19esimo secolo e non esisterà nel 21esimo. Si lavorerà fino a 75, 85, 95, 105 anni. Il concetto della pensione a 65 anni quando se ne vivono 120”, non sta in piedi: sarà necessario lavorare molto, molto di più. “E non bisogna preoccuparsene, non è terribile come sembra”, aggiunge Edelman, “si vorrà che sia così”.

Le ragioni per le quali la pensione dovrebbe scomparire, perlomeno come la conosciamo oggi, sono le seguenti: “si sarà sufficientemente in salute per lavorare” e “fare soldi sarà più facile che mai” grazie alle opportunità offerte dalla sharing economy, il lavoro part-time e quello via Internet. Cruciale, sempre secondo Edelman, sarà la formazione: un percorso di apprendimento precederà ogni nuova fase della vita, caratterizzata da nuovi lavori adeguati all’avanzare dell’età. La prospettiva evocata dal presidente della Edelman sarà dunque quella di lavorare magari meno ore, senza la necessità di realizzare cifre enormi, “facendo ciò che piace” dopo un periodo “sabbatico” di un paio d’anni, seguito da nuovi percorsi di formazione. Per dirla come l’autore, si andrebbe in pensione “prima è più spesso” in un percorso non più lineare, ma ciclico.