Serve un drastico cambio di paradigma culturale e finanziario per poter pensare a un futuro migliore. Un domani che i giovani dovranno costruirsi anche con la previdenza integrativa. Ne abbiamo parlato con l’esperto Raffaele Tamburrano
I giovani lavorerano fino a 70 anni. L’attuale situazione delle pensioni in Italia impone azioni immediate sia dei cittadini e sia dello Stato, guidate da un nuovo approccio culturale che non sia più ostaggio di scelte a breve termine spesso indirizzate dalla ricerca del consenso politico. Abbiamo approfondito il tema con l’esperto autore e formatore Raffaele Tamburrano.
Come bisogna intervenire per migliorare l’attuale situazione del sistema pensionistico?
“Le pensioni non sono mai state legate finora alle aspettative di vita per motivi politici. Come spiego nel libro (presentato nel box a destra, ndr), il faro guida della previdenza italiana è sempre stato la ricerca del consenso tra i cittadini tramite le norme emanate. L’ex ministro del lavoro Elsa Fornero, che ai tempi fu contestata, è stata forse l’unica ad aver avuto un approccio tecnico-culturale corretto, e adesso, di fatto, si sta rivalutando il suo operato. Peraltro non dimentichiamo mai che i suoi provvedimenti furono votati dal Parlamento, per poi essere messi in discussione poco tempo dopo. Sulle pensioni bisogna valutare il tutto con un orizzonte di lungo periodo. E in ogni caso, le nuove generazioni devono tanto alla riforma Fornero, perché ha spostato tutti nel sistema sistema contributivo pro rata”.
Quale stima possiamo fare oggi sui giovani in pensione?
“La stima con l’attuale sistema supererebbe i 70 anni. Bisogna abituare gli italiani a rinunciare al Tfr, costringendoli al passaggio alla previdenza complementare. Ovviamente, lo Stato dovrebbe migliorare tale impianto, facilitando con norme fiscalmente corrette l’ingresso dei cittadini. Ma soprattutto si deve far capire agli italiani che la previdenza va costruita nel tempo, perché si tratta di un problema del singolo e non dello Stato. Bisogna far comprendere ai giovani che va cambiata la macchina della previdenza. Per lo Stato è meglio avere un indigente in meno, per il cittadino è un problema da affrontare all’inizio del percorso lavorativo per garantirsi un futuro finanziario solido”.
Insomma, il passaggio alla previdenza complementare è necessario per i giovani?
“Sì, è assolutamente indispensabile in questa fase. C’era bisogno di un libro che spiegasse in maniera molto semplice per quale motivo si è arrivati qui. Ognuno per produrre un impatto significativo per se stesso deve comprendere la necessità di un cambio culturale e di approccio sull’argomento”.
Verso il futuro.
E di fatto, ad oggi, solo il 36% dei lavoratori ha già aderito alla previdenza complementare. Ciò significa che la maggioranza preferisce lasciare il Tfr in azienda. Una scelta patrimoniale deleteria.
I problemi, infine, sono anche relativi alla tenuta del sistema pensionistico in generale. Per potersi sostenere il sistema ha bisogno di quasi due lavoratori per pensionato. Con il passare dei decenni tale rapporto è calato a 1,43. Le proiezioni degli analisti dicono che tra vent’anni sarà a 1. Ci avviciniamo al momento in cui potrebbe deflagrare quella che Giorgia Meloni ha definito una bomba sociale.
L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di luglio del mensile Wall Street Italia. Per abbonarti clicca qui