ROMA (WSI) – Se il governo troverà i soldi, gli italiani potranno andare in pensione anticipatamente, a 62-63 anni, ma dovranno accettare di ricevere un assegno ridotto fino all’11%. Sono alcune delle novità di cui si parlerà nei prossimi mesi in vista del varo della legge di Stabilità dell’anno prossimo.
Il problema su cui rischiano di arenarsi le discussioni sulla flessibilità previdenziale in uscita tuttavia rimane intatto. È sempre il solito: la mancanza di risorse finanziarie, in un paese che rischia già di dover ricorrere a una manovra di correzione alla finanziaria del 2016 per reperire nuove entrate.
Tommaso Nannicini, regista della politica economica del governo Renzi, ha annunciato l’intenzione politica di affrontare il tema della flessibilità in uscita nella prossima legge di Stabilità, ma solo se il bilancio delle finanze pubbliche lo permetterà.
“Sulle pensioni c’è il tema della flessibilità che cercheremo di affrontare nella prossima legge di Stabilità. Il governo intende approfondire il tema se il quadro di finanza pubblica lo consentirà”.
A pesare sull’introduzione dell’uscita anticipata dal lavoro, sebbene con un assegno più basso, sono i costi dell’operazione. Secondo le stime dell’Istat dello scorso ottobre sono circa 2 milioni gli italiani interessati.
Anticipare il pensionamento costerebbe dunque allo Stato tra i 5 e i 7 miliardi di euro l’anno, una cifra non da poco per un paese che registra un debito pubblico galoppante, una crescita strozzata e spese pubbliche a cui si fa fatica a mettere un freno, come dimostra il fallimento delle ultime spending review tentate invano da una lunga serie di commissari che si sono susseguiti nel tempo.
Bisogna tenere in considerazione che la prossima manovra finanziaria dovrà includere l’annullamento di 15 miliardi di aumenti automatici di Iva e accise, nonché l’impiego di ulteriori 7-8 miliardi per raddrizzare il deficit strutturale nel caso – altamente probabile – che l’Unione Europea non conceda altri margini di flessibilità sul deficit.