In vista della prossima legge di bilancio, i sindacati battono cassa al Governo. Le associazioni di categoria, che in Italia sono rappresentate principalmente da pensionati, vorrebbero usare il Tesoretto per evitare che venga posticipato, come previsto dal governo, l’appuntamento con la pensione. Al primo posto della wishlist, presentata ieri sottoforma di documento unitario da parte di Cgil, Cisl e Uil, spicca lo stop all’adeguamento dell’età pensionabile che dal 2019 dovrebbe salire a 67 anni.
“Al governo chiediamo di fermarsi: è una questione di buon senso”, ha detto il segretario generale della Cisl, Anna Maria Furlan proponendo un confronto a tappe che riguardi l’uscita anticipata per “i lavori più nocivi sulla base dei dati Inail, per i licenziati e per chi ha difficoltà familiari”.
I sindacati chiedono inoltre al governo Gentiloni il riconoscimento di un anticipo per l’accesso alla pensione di vecchiaia per tutte le lavoratrici mamme che abbiano avuto o adottato dei figli (e non solo per l’accesso all’Ape social): uno sconto di 1 anno per ogni figlio fino ad un massimo di 3 anni.
Nell’ultimo tavolo con i sindacati il governo aveva aperto (facendo immediatamente retromarcia) a uno sconto di sei mesi per ogni figlio per l’accesso all’Ape social. La trattativa, dunque, proseguirà in salita.
Non solo. Per Cgil, Cisl e Uil l’importo “soglia” per i giovani (con il meccanismo di calcolo totalmente contributivo) per ottenere la pensione di vecchiaia a 66 anni e sette mesi con 20 anni di contributi dovrebbe scendere da 1,5 volte l’assegno sociale a livello dell’assegno sociale stesso (ora a 448 euro).
Immediata la risposta del ministro del Lavoro Giuliano Poletti:
“Lo avevamo preventivato, avevamo convenuto che le organizzazioni sindacali avrebbero messo a punto la loro posizione e ce l’avrebbero comunicato. Il documento è arrivato oggi, lo valuteremo in tutti i punti. In buona parte sono le stesse cose che abbiamo già discusso nei confronti precedenti. Quando avremo valutato anche la dimensione economica degli impatti di queste misure, dopo l’approvazione del Def, avremo occasione di confrontarci”.
Italiani non vanno in pensione più tardi degli altri
Per i sindacati la nostra nazione è quella con l’età pensionabile più alta tra i grandi del mondo. Guardando all’età ufficiale, l’Italia – paese che deve fare i conti con un invecchiamento crescente della popolazione, bassi tassi di nascita e una fuga di giovani cervelli – ha in effetti un sistema pensionistico duro.
I sindacati della UIL denunciano un’età di accesso alla pensione tra le più alte del mondo e “la più alta del Vecchio Continente. L’età pensionabile è di 66 anni e 7 mesi per gli uomini del settore pubblico e privato e per le donne del pubblico, mentre è di 65 anni e 7 mesi per le donne del settore privato”. La media europea è di più di due anni più bassa: 64,4 anni per gli uomini e 63,4 per le donne.
Visti anche gli assegni previdenziali abbastanza bassi rispetto alla media europea, l’Italia non sembra il paese giusto dove lavorare e andare in pensione. Ma la classifica, in cui facciamo peggio anche della Germania dove si va in pensione a 65,4 anni, non tiene conto delle varie eccezioni alla regola. Da noi l’età pensionabile può essere in molti casi anticipata.
Come ha spiegato Tito Boeri, presidente dell’Inps, in un’audizione alla Camera, l’anno scorso l’età media di pensionamento effettiva (ovvero l’età a cui gli italiani sono realmente andati in pensione) è stata di 62 anni. In pratica gli italiani smettono di lavorare circa due anni prima rispetto alla media europea. Oltre alla pensione anticipata, raggiungibile in base agli anni di contributi versati e non all’età fisiologica, ci sono tante altre scappatoie possibili per anticipare l’appuntamento con la previdenza.
Come ha fatto presente Il Sole 24 Ore, “ad abbattere l’aumento di età effettiva ci sono le numerose deroghe previste dal nostro ordinamento e che consentono il ritiro anticipato: i lavoratori usuranti, i marittimi, i minatori, le diverse gestioni speciali (dai lavoratori del trasporto alle ferrovie al volo, dove l’età di pensionamento è di 60 anni). E c’è l’effetto del regime sperimentale e transitorio riservato alle lavoratrici dalla riforma Maroni (legge 243/2004) che prevede il possibile ritiro anticipato con 35 anni di contributi a 57 anni di età se dipendenti e 58 se autonome”.
Gli economisti tengono conto di tutti questi fattori quando devono calcolare quando si va in pensione nei singoli paesi del mondo. L’Ocse, per esempio, ha pubblicato un rapporto l’anno scorso in cui si enuncia che “tra i paesi sviluppati l’Italia è uno di quelli dove ancora oggi si va in pensione prima. L’età effettiva di pensionamento nel nostro paese tra 2009 e 2014 è stata di 62,5 anni (la cifra indicata da Boeri nella sua audizione) contro una media OCSE di 64. Prima dei maschi italiani vanno in pensione soltanto belgi, slovacchi e francesi. Per le donne la situazione è simile: l’età di pensionamento effettiva in Italia è di 62 anni, contro una media Ocse di 63,1″.