Economia

Singapore, il parcheggio dei soldi degli ultra-ricchi

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Soprannominata la “Svizzera dell’Asia”, Singapore è ormai una calamita per i patrimoni delle famiglie più ricche del mondo, soprattutto di provenienza cinese. I magnati della Repubblica Popolare Cinese hanno deciso di spostare grossa parte dei loro beni in Singapore vista la politica sempre più autoritaria e nazionalistica di Xi Jinping, il leader più potente della Cina degli ultimi decenni. E questo ha reso la città-Stato una delle più ricche al mondo.

Secondo il Global Financial Center Index, nel 2023 Singapore è al terzo posto nella classifica delle principali piazze finanziarie globali. Il settore finanziario gioca un ruolo significativo nell’economia di Singapore, contribuendo per circa il 14% del suo prodotto interno lordo (PIL) e fornendo lavoro a circa 200.000 persone. Sebbene le banche d’investimento possano ancora preferire Hong Kong, i milionari e i miliardari sono sempre più attratti dalla stabilità politica, dagli incentivi e dalla certezza giuridica offerti dalla città-stato.

Secondo una stima del Boston Consulting Group, a Singapore lo scorso anno si sono verificati afflussi di ricchezza pari a 1,5 trilioni di dollari. Questo ha trasformato lo Stato nella terza destinazione più popolare al mondo per il parcheggio dei beni dei super ricchi, seguendo Svizzera e Hong Kong in questa classifica.

Perché i ricchi cinesi si stanno spostando a Singapore

A causa delle attuali misure politiche ed economiche introdotte in Cina, un considerevole numero di individui benestanti ha optato per abbandonare l’Impero Celeste per stabilirsi a Singapore. Questa situazione ha portato la città ad accogliere con entusiasmo un afflusso senza precedenti di famiglie cinesi estremamente ricche, per proteggere i loro considerevoli patrimoni da un Partito Comunista che diventa sempre più sospettoso. Le recenti azioni repressive di Pechino nei confronti di magnati e celebrità, insieme a tre anni di rigorose restrizioni legate al Covid-19, hanno spinto molti di questi tycoon e magnati a cercare rifugio. Preoccupati per il destino dei loro averi, molti di loro hanno quindi prenotato biglietti solo andata per raggiungere Singapore.

A Singapore, le tasse sono relativamente basse e la maggior parte della popolazione è di etnia cinese. L’intero territorio funge così da “zona neutrale”, guidato da un governo abile nel mantenere stretti legami di sicurezza con gli Stati Uniti e allo stesso tempo preservare solidi rapporti commerciali con la Cina. In queste latitudini, due parole d’ordine dominano: armonia sociale e stabilità. Non è un caso che il presidente cinese Deng Xiaoping, negli anni ’80, durante la riforma economica della Cina, guardasse con interesse a Singapore e ne prendesse spunto, poiché il modello di sviluppo guidato da Lee Kuan Yew, fondatore del Partito di azione popolare (Pap) che per sei decenni ha governato il paese, sembrava essere un esempio di successo da emulare.

Affitti alle stelle e futuri milionari, la crescita di Singapore

Le scuole internazionali stanno vivendo un’esplosione nella domanda, con centinaia di candidati cinesi che cercano un numero incredibilmente limitato di posti disponibili, come evidenziato dal Financial Times. Anche se i prezzi degli affitti in costante aumento potrebbero costituire un potenziale ostacolo per il sogno di Singapore di diventare il principale centro finanziario dell’Asia (secondo il quotidiano Straits Times, in tutta la città-stato, i prezzi degli affitti sono aumentati del 33,2% da gennaio 2022 a gennaio 2023), sembra che ciò non impedisca il crescente successo della città-stato.

Un rapporto della banca HSBC prevede che entro otto anni, oltre il 13% della popolazione adulta di Singapore possederà 1 milione di dollari o più. Questo supererebbe la percentuale di milionari negli Stati Uniti, in Cina e in altre 12 economie dell’Asia-Pacifico.

I casi di Jack Ma e Bao Fang

Il trasferimento a Singapore mette al sicuro la ricchezza dei tycoon cinesi, che costituiscono la maggior parte degli uomini d’affari presenti nella città-stato, evitando così che sia a portata di Pechino ed evitando un altro caso Jack Ma. Il fondatore di Alibaba, nel 2020, ha subito una perdita di circa 25 miliardi di dollari quando le autorità di regolamentazione cinesi hanno annullato l’IPO che lo avrebbe reso uno dei miliardari più ricchi al mondo.

Anche Bao Fan, uno dei banchieri d’investimento più noti della Cina, avrebbe cercato un posto sicuro dove parcheggiare la sua ricchezza, prima di scomparire nel nulla nei primi giorni di febbraio. Bao, che si è unito a una lunga lista di uomini d’affari influenti destinati a svanire improvvisamente in Cina, è solo uno del crescente numero di ricchi uomini d’affari cinesi che hanno guardato a Singapore per sfuggire alla repressione di Pechino sull’industria privata e corruzione.

L’esplosione dei family office a Singapore

Un aspetto rilevante di questa tendenza è l’esplosione dei family office a Singapore. Questi sono società private con limitate regolamentazioni, specializzate nella gestione di ingenti patrimoni. Attualmente, ne sono attivi 1.100, un aumento significativo rispetto ai 400 presenti solo tre anni fa, rappresentando una crescita del 175% nel corso degli ultimi tre anni. Un rapporto di KPMG indica che Singapore ospita circa il 59% dei family office dell’Asia. Tra le personalità di spicco che hanno stabilito un family office a Singapore ci sono il co-fondatore di Google, Sergey Brin, e l’ex CEO di Fosun International, Liang Xinjun.

Questo rapido sviluppo è stato alimentato anche dagli incentivi fiscali concessi dall’Autorità Monetaria di Singapore ai Single family office. Ad esempio, per ogni dollaro investito in strutture finanziarie miste del Paese, in società di Singapore o in progetti legati all’ambiente, vengono concessi due dollari di crediti d’imposta. E a partire dal prossimo anno, verranno introdotti incentivi legati alla filantropia, con esenzioni fiscali del 100% (fino a un massimo del 40% del reddito) legate alle donazioni effettuate sia a livello locale che internazionale.

I family office che hanno beneficiato degli incentivi fiscali lo scorso anno gestivano asset per un totale di 90 miliardi di dollari di Singapore, equivalente a circa 62 miliardi di euro, rappresentando poco meno del 2% dei 5,4 trilioni di dollari di asset totali gestiti nel paese.