Doveva suonare come un monito che dissuadesse da vendite troppo aggressive di valuta giapponese, ma i mercati leggono nel messaggio del G7 un nuovo via libera. Nella riunione di venerdì e sabato scorsi a Essen, in Germania, ministri finanziari e banchieri centrali dei Sette Grandi si limitano a lodare la ripresa dell’economia nipponica e ribadire che il tasso di cambio dovrebbe rifletterla, mentre il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, vuole mettere in guardia dalle scommesse in un’unica direzione. Agli occhi di un mercato che ormai da tempo vende valute a basso rendimento come lo yen per acquistare divise a elevato ritorno come dollaro, sterlina ed euro, il messaggio sembra poco accorato, frutto di compromesso e scarsamente convincente. “Se fai carry trade, credo tu possa andare avanti a farlo”, dice Tim Condon, capo ufficio studi Ing. Per carry trade sulla valuta si intendono le operazioni in cui ci si indebita in divise a basso rendimento, come lo yen, per poi chiudere le posizioni acquistando valute a maggiore rendimento. I margini di guadagno sono dunque legati al differenziale tra tassi di rendimento e all’apprezzamento della valuta che si acquista. Lo yen scivola ieri all’ennesimo minimo di tutti i tempi contro euro arrivando a toccare la soglia di 159, a segnale che gli investitori sono persuasi i Paesi G7 non si frapporanno in alcun modo alle forze di mercato. Secondo l’ufficio studi di Westpac Bank è realistico aspettarsi che il cambio euro/yen arrivi presto a toccare 160. Lo yen è tra le valute più utilizzate per finanziare carry trade: nel corso degli ultimi quattro mesi tocca una serie di minimi storici contro la valuta unica, compromettendo almeno in parte le prospettive per gli esportatori europei, le cui merci sono diventate troppo costose rispetto a quelle giapponesi. In termini ponderati su base commerciale la divisa nipponica tocca il minimo degli ultimi ventuno anni. Del Gruppo dei Sette fanno parte Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Giappone. Per quanto una buona parte del mondo politico europeo abbia fortemente lamentato l’eccessivo deprezzamento dello yen è sempre stato problematico che istanze particolari abbiano trovato concreta risonanza in sede G7. Washington tiene a mettere in chiaro anche prima della riunione che le sorti dello yen devono essere determinate dal mercato. I Sette Grandi invece appoggiano sempre la posizione degli Usa nel sollecitare Pechino a procedere più in fretta con la liberalizzaione del cambio. Come avrebbero quindi mai potuto chiedere simultaneamente al Giappone di provare a opporsi alle forze di mercato, soprattutto visto che sono ormai tre anni che Tokyo smette di intervenire sui cambi? “Dal momento che si è giunti all’intesa che le valute debbano fluttuare liberamente sul mercato dei cambi, non c’è davvero molto che il G7 possa fare”, dice Condon. Questo non significa, naturalmente, che le operazioni di carry trade non comportino alcun rischio.