Roma – Almeno 448 obiettivi strategici dovranno essere distrutti il più rapidamente possibile. Il piano per arginare i massacri del regime siriano prevede l’uso di almeno 300 caccia solo nelle prime 24 ore di bombardamento. Le vittime della repressione scatenata da Bashar al Assad sono ormai più di 29mila. Solo oggi, almeno 30 civili sono stati uccisi dai jet di Damasco, che hanno bombardato una stazione di servizio ad Ain Issa, nella provincia di Raqa. Il governo, ormai da diverse settimane, non si fa più scrupoli nell’utilizzare aerei ed elicotteri militari pur di neutralizzare i ribelli. Al momento non ci sono le basi legali per un intervento, ma la pressione sull’America e i suoi alleati perché istituiscano una no-fly zone o creino una serie di rifugi sicuri, è sempre più forte.
ussia e Cina bloccano qualsiasi risoluzione all’Onu che preveda soluzioni analoghe a quella adottata in Libia, ma il capo di Stato maggiore Usa – il generale Martin Dempsey – ha affermato che l’esercito degli Stati Uniti “è in grado di fare qualunque cosa” e che le difese siriane non sono insormontabili. Se Assad dovesse utilizzare le armi chimiche, molto probabilmente la Nato passerebbe all’azione. Washington nega di avere un piano per un’eventuale campagna militare in Siria, ma Brian Haggerty – che fa parte del programma di studi sulla sicurezza del Mit – ha analizzato come l’Alleanza atlantica potrebbe intervenire per abbattere le difese aeree di Damasco e stabilire una serie di zone sicure nel nord ovest del Paese. “Si tratterebbe di un intervento che presenta grandi rischi e probabilità di successo molto più basse – si legge nel suo studio – rispetto alle precedenti campagne aeree della Nato in Bonsia, Kosovo o Libia”.
Il piano di attacco messo a punto da Haggerty prevede la distruzione nelle prime 24 ore di 20 centri radar, 150 rampe di missili terra aria, 205 hangar, 32 basi aeree. Anche 27 batterie missilistiche terra-terra e 12 batterie missilistiche anti nave. Solo nelle prime 24 ore di attacco, sarebbe necessario utilizzare 191 caccia armati e più di 100 a supporto. Contro gli obiettivi verrebro lanciati tra i 600 e 700 missili cruise. In Libia ne furono scagliati 221, mentre in Iraq nel 2003 furono 802.
Una volta deteriorate le difese siriane, per garantire la sicurezza in due macro zone collegate da un corridoio umanitario tra Homs e Idlib sarebbero necessari dalle 24 alle 180 sortite di jet giornaliere. «E in ogni caso – conclude Haggerty – questo non impedirebbe a piccole forze di terra di portare attacchi coordinati, che non risolverebbero la crisi umanitaria in atto”.
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