Lo smart working non convince più le aziende: crollano le offerte di lavoro flessibile
Chi si è abituato allo smart working potrebbe presto avere un brusco risveglio. La quantità di annunci di lavoro da remoto su LinkedIn è in calo, secondo i nuovi dati diffusi dalla piattaforma. Negli Stati Uniti, ad esempio, la quota di offerte di posti di lavoro da remoto è diminuita del 5% da aprile, in forte calo dal picco del 20% raggiunto durante la pandemia. Un trend simile è stato registrato anche nel Regno Unito, dove i lavori a distanza rappresentano il 14,6% delle offerte, ma ottengono il 20,2% delle domande totali e in India (l’11,3% delle offerte totali, contro il 20,3% delle domande).
Sebbene le percentuali appena viste, mostrino un livello superiore a quello pre-pandemia, si tratta di un chiaro segnale che le cose stanno cambiando. “I professionisti apprezzano sempre di più la flessibilità sul posto di lavoro, che compare costantemente tra le priorità dopo la retribuzione, insieme allo sviluppo delle competenze e all’equilibrio tra lavoro e vita privata”, ha detto alla CNBC Josh Graff, amministratore delegato per le regioni Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) e America Latina di LinkedIn.
Crisi frena flessibilità, ma nel lungo periodo rischi per chi non la adotta
A mettere un freno alle offerte di lavoro a distanza, rileva un sondaggio condotto da YouGov per conto di LinkedIn, è l’attuale situazione economica. Il 68% dei dirigenti intervistati ha affermato di essere preoccupato che la continua incertezza sulla stabilità economica e un’incombente recessione costringerebbero le loro aziende a annullare almeno alcuni dei progressi compiuti verso il lavoro flessibile durante la pandemia di coronavirus.
“In tutto il mondo stiamo assistendo a un rallentamento delle assunzioni a causa dell’incertezza economica, con i leader aziendali sotto forte pressione per gestire i costi e aumentare la produttività“, ha spiegato Graff. “Se la pandemia ha favorito le iniziative a sostegno dei dipendenti, ora l’ago della bilancia si sta spostando verso i datori di lavoro“, ha aggiunto.
Secondo il sondaggio, il lavoro flessibile non è l’unico vantaggio colpito dall’attuale turbolenza economica. Il 74% dei dirigenti ha affermato che lo sviluppo delle competenze potrebbe passare in secondo piano, mentre il 75% ha affermato che il benessere dei dipendenti probabilmente diventerà meno prioritario.
Tutto questo potrebbe avere conseguenze a lungo termine. “Le aziende che rallentano i progressi sulla flessibilità rischiano di demotivare la propria forza lavoro e spingerla verso concorrenti che offrono opzioni più interessanti“, ha affermato, aggiungendo che “solo coloro che vedono questo periodo come un’opportunità supereranno, nel lungo periodo, i concorrenti”, ha concluso Graff.
Lo smart working in Italia
E in Italia qual è lo stato dello smart working? Secondo gli ultimi dati di Osservatori.net, nel 2022 in Italia il lavoro da remoto ha continuato a essere utilizzato in modo consistente, sebbene in misura minore rispetto allo scorso anno. I lavoratori da remoto oggi sono circa 3,6 milioni, quasi 500 mila in meno rispetto al 2021, con un calo in particolare nella PA e nelle pmi, mentre si rileva una leggera ma costante crescita nelle grandi imprese che, con 1,84 milioni di lavoratori, contano circa metà degli smart worker complessivi. Per il prossimo anno si prevede un lieve aumento fino a 3,63 milioni, grazie al consolidamento dei modelli di smart working nelle grandi imprese e a un’ipotesi di incremento nel settore pubblico.