New York – Nel giorno in cui la banca centrale australiana ha ridotto le prospettive di crescita economica della nazione, arriva un altro brutto colpo per il morale degli investitore.
L’ultimo report di Societe Generale avverte del pericolo di esplosione di una bolla del credito, costruita sulle basi di un boom delle materie prime da cui dipende strettamente e che viene alimentata a sua volta da una bolla ancora piu’ grande che si sta gonfiando in Cina.
“Mai vista una bolla piu’ evidente negli ultimi 30 anni”, dice l’analista, noto ribassista, Albert Edwards, ripetendo il ritornello del collega Dylan Grice.
La tesi dei due si fonda sull’analisi dei dati demografici del mercato immobiliare del 2012, che mostrano come tutti i centri urbani del paese, nessuno escluso, sono su livelli di prezzo irragionevoli, tali che la gente comune non si puo’ piu’ permettere di comprare una casa.
E’ una vecchia storia, ma tra qualche tempo rischia di finire male: l’Australia e’ esposta alla Cina e la Cina e’ esposta alla corsa senza freni del valore delle commodity. Nessuno sa ancora quanto sia genuino questo legame stretto. Sicuramente e’ pericoloso.
“A peggiorare le cose – dice Edwards – e’ stata la mancanza di volatilita’ nel ciclo economico australiano e l’assenza di una recessione dal 1991. Cio’ ha condotto gli australiani ad avere un appetito eccessivo per il debito, nella convinzione che il futuro avrebbe rispecchiato il passato”.
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Il problema e’ che la volatilita’ “soppressa” non fa che accrescere il rischio e la portata di un crack, che rischia di essere ancora piu’ devastante quando si materializzera’. “Il miracolo australiano non e’ aiutato dal Dragone, bensi’ dipende dalle ruote della Cina”.
Come consiglio di investimento, SocGen dice di puntare sul dollaro australiano. Nonostante la debolezza vista ultimamente, e’ considerato uno dei modi vincenti per ripararsi dall’atterraggio difficile della Cina dopo la crescita boom degli anni passati. Come? Scommettendo al ribasso sulla divisa o in alternativa andare ‘lunghi’ sui livelli insolitamente bassi di volatilita’.