ROMA (WSI) – Le sofferenze bancarie lorde, il principale problema del settore italiano che minaccia la stabilità dell’intero sistema europeo, sono cresciute ancora in Italia. A gennaio il risultato è stato pari a oltre 200 miliardi di euro, un nuovo record negativo.
Sui dodici mesi, il tasso di incremento dei crediti inesigibili è stato del +9% a quota 202 miliardi contro il +9,4% visto a dicembre. Il ritmo degli incrementi si è ridotto lievemente ma la cifra complessiva continua a gonfiarsi, minacciando la stabilità dell’intero sistema finanziario europeo.
Bankitalia nel comunicato sulle “Principali voci dei bilanci bancari” spiega che il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze è calcolato senza correzione per le cartolarizzazioni ma tenendo conto delle discontinuità statistiche. In alcuni casi la percentuale dei Non-Performing Loans (NPL) rispetto al totale degli asset della banca sale anche fino al 20%.
I depositi del settore privato hanno registrato un aumento su base annuale del 3,6%, contro il +3,9% di dicembre. La raccolta obbligazionaria, inclusi i Bond detenuti dal sistema bancario, è diminuita del 16,5%, sempre su base annua, a fronte del -15,1% nel mese precedente.
Abi: “Mal di testa, non tumore”
Alla luce di questi dati e del nuovo record negativo di gennaio per i crediti deteriorati, fanno ancora più specie le parole pronunciate dal direttore generale dell’Abi. Giovanni Sabatini ha dichiarato che le sofferenze sono un problema, ma che si limitano a essere “un forte mal di testa, non un tumore al cervello“.
È un concetto discutibile, dal momento che secondo la maggioranza degli analisti e osservatori di mercato, le tante sofferenze lorde in pancia agli istituti italiani, pari al 18% del Pil del paese secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, rischiano di compromettere la stabilità non solo del sistema finanziario italiano ma di quello europeo.
Nel corso di un’audizione tenuta ieri presso la Commissione Finanze del Senato Sabatini ha detto che “oggi i crediti in sofferenza rilevanti, cioè non ancora rettificati, sono pari a 89 miliardi di euro, il 4,6% degli impieghi”.
Secondo Sabatini la colpa è degli agenti esterni e non della mala gestione degli istituti, in particolare quelli più piccoli dove preoccupa invece l’intreccio pericoloso tra manager e imprenditori, caratteristica di un sistema malato.
“Le banche hanno in questi anni sopportato i costi inflitti dalla crisi in termini di aumento dei casi di insolvenza che si sono tradotti in un forte aumento dei crediti deteriorati”. Di questi una quota superiore al 50% è già stata spesata a conto economico tempo per tempo attraverso le rettifiche.