ROMA (WSI) – L’Italia è in guerra, ma mentre i suoi soldati sono impegnati sul terreno in Libia, gli italiani sui media, al bar o sotto all’ombrellone sono impegnati a discutere delle Olimpiadi di Rio. Secondo quanto confermato da documenti del Copasir, le forze speciali del nostro esercito sono impegnate anche sul terreno nella lotta degli alleati occidentali contro l’ISIS in Libia e non solo con il coinvolgimento delle basi militari.
Truppe da combattimento dell’Italia – insieme a quelle americane, francesi e britanniche – sarebbero attive a Sirte e nella provincia di Al Anbar. Il loro impiego – spiega Il Fatto Quotidiano che per primo aveva anticipato lo scoop dieci giorni fa – è consentito dall’articolo 7 bis della legge n.198 dell’11 dicembre 2015 di conversione del decreto di proroga delle missioni militari all’estero, che prevede che vengano inviate in zona di guerra su iniziativa personale del presidente del Consiglio senza alcun voto in Parlamento.
Meno di due settimane fa il governo di Fayez Al Sarraj aveva chiesto alle forze della NATO di intervenire in suo soccorso per combattere i ribelli dell’ISIS. Il primo agosto sono incominciati i primi bombardamenti aerei “di appoggio” delle forze militari statunitensi a Sirte, situata 450 chilometri a est di Tripoli.
“Dell’operazione italiana nell’ex colonia, autorizzata da Renzi lo scorso 10 febbraio con un decreto subito secretato”, si legge nell’articolo del Fatto Quotidiano del 30 luglio, si sa “in via del tutto ufficiosa che si tratta di un piccolo distaccamento basato all’aeroporto militare di Misurata, che partecipa insieme alle forze speciali britanniche all’operazione “Banyoun Al Marsoos” (Struttura Solida) lanciata a maggio delle brigate misuratine e dalle guardie petrolifere di Ibrahim Jadhran per riconquistare la roccaforte Isis di Sirte“.
Da un mese il gruppo di matrice jihadista dell’ISIS appare irremidiabilmente accerchiato a Sirte, senza avere però perso la capacità di fare male. Mirino principale dei bombardamenti aerei Usa, la città ospita il centro di comandi dell’ISIS ed è il motivo per cui l’aviazione americana ha moltiplicato i raid aerei. L’obiettivo è eradicare le forze di Daesh dall’area.
Dal 12 maggio, data in cui la grande offensiva delle forze governative riconosciute dall’Occidente – quelle di Al Sarraj, il bilancio delle vittime è di più di 300 morti e 1.300 feriti, secondo le cifre fornite da fonti mediche di Misrata a circa 200 chilometri dalla capitale Tripoli.
Intanto la Libia è sempre spaccata in tre: a Benghazi, dopo l’ultimo attentato che è costato la vita a 17 soldati, le forze del generale libico Khalifa Haftar nono sono ancora riuscite a eradicare dalla città e dalla sua periferia la presenza terrorista. L’ISIS continua a lanciare degli attacchi suicidi e la risposta delle forze del Parlamento di Tobruk, istituzione non riconosciuta dalla comunità internazionale dopo che è stato istituito un gouverno di unione nazionale presieduto da Al Sarraj, tarda a concretizzarsi.
Il tutto mentre la questione umanitaria resta d’attualità, con un numero elevato di migranti e rifugiati che continua a scappare verso le coste italiane e non solo. La questione irrisolta della guerra in Libia e del caos provocato dall’intervento della Nato guidato da Stati Uniti e Francia per togliere al raìs Gheddafi il potere a marzo di cinque anni fa, non ha cessato di pesare sull’insieme della regione mediorientale, nordafricana e anche italiana.
Fonte: Il Fatto Quotidiano