Roma – La vulgata vuole che Silvio Berlusconi abbia deciso di ricandidarsi a premier nel 2013 sulla base dei sondaggi. Senza di lui il Pdl sarebbe crollato al 10% mentre grazie al suo ritorno riuscirebbe a conquistare il 30% dei consensi. Di questi flussi di gradimento nell’ultima indagine demoscopica realizzata da Ipr Marketing non c’è però traccia. Secondo il campione di mille cittadini intervistati con l’ausilio del sistema Telematico “Tempo Reale”, le sorti del Pdl prescindono infatti dalla scelta del leader.
Un’eventuale coalizione composta da Popolo della Libertà, Lega e altre formazioni di centrodestra guidata da Berlusconi otterrebbe il 30% dei consensi, esattamente gli stessi in grado di conquistare un identico schieramento con Angelino Alfano candidato premier. Con il risultato che verrebbe ampiamente superata da un centrosinistra che mettesse in campo Pd, Udc e altri partiti minori a sostegno della candidatura di Pier Luigi Bersani a Palazzo Chigi. I consensi per questo schieramento nel caso lo sfidante fosse Berlusconi crescerebbero addirittura dal 41 al 42%, mobilitando un 1% del potenziale elettorato del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che scenderebbe dal 21 al 20%.
Una tendenza elettorale che è pienamente corroborata dal giudizio che la grande maggioranza degli italiani continua ad avere del passato governo Berlusconi. Stando al sondaggio Ipr, ben il 64% degli intervistati definisce “negativo” l’operato dell’ultimo esecutivo, mentre solo il 34% lo ritiene “positivo”.
Pareri molto diversi da quelli che gli elettori riservano all’attuale governo guidato da Mario Monti. I tempi della luna di miele dell’insediamento, quando il consenso toccò l’eccezionale cifra del 62%, sono decisamente lontani, ma l’esecutivo dei tecnici in questo ultimo rilevamento recupera credibilità, grazie probabilmente alla determinazione mostrata dal presidente del Consiglio al vertice europeo di fine giugno. Il sondaggio Ipr certifica che il 49% degli italiani sostiene di averte molta/abbastanza fiducia in Monti, contro il 44% che afferma di averne poca/nessuna. A metà giugno questi due schieramenti erano invece appaiati in perfetta parità a quota 46%. Inoltre il 55% si dice convinto che il Professore stia raggiungendo l’obiettivo di salvare l’Italia e portarla fuori dalla crisi economica, anche se per il 48% “resta molto da fare”. La fiducia in Monti non coincide però con quella nel governo in generale, che non va oltre il 40%, perdendo 5 punti rispetto allo scorso aprile (-10% su gennaio).
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La (parzialmente) ritrovata fiducia nel premier non significa però che gli italiani lo vorebbero confermare a Palazzo Chigi. Solo il 34% degli intervistati afferma infatti che il prossimo presidente del Consiglio dovrebbe essere ancora un tecnico contro il 51% che auspica il ritorno di un politico.
Da segnalare infine che nella graduatoria del consenso ai ministri rimane in testa la responsabile del Viminale Anna Maria Cancellieri, apprezzata dal 53% degli italiani, mentre la Guardasigilli Paola Severino raggiunge al secondo posto il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera (48% per entrambi). Crollo di credibilità invece per il ministro dell’Integrazione Andrea Riccardi che perde ben 4 punti percentuali, precipitando al quinto posto con il 45% di aprezzamento.
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