Berlino – La Germania vanta il migliore tasso disoccupazione della zona euro. Nel 2011 il numero di occupati nel Paese per la prima volta ha superato la soglia dei 41 milioni; i tassi di inattività dal lavoro si sono costantemente ridotti dal 2005 in poi. Tutto questo – dicono gli economisti – non è successo per caso. Nel 2003, Berlino ha, infatti, portato a compimento una serie di riforme sociali, fra cui la flessibilità del mercato del lavoro, che a sua volta ha dato alla luce i mini jobs.
Queste attività permettono di guadagnare fino a massimi 400 euro al mese e sono stati progettati ufficialmente per i lavori di bassa manovalanza, che svolgono principalmente studenti o donne che non hanno intenzione di incentrare la loro giornata sul lavoro come principale occupazione. Le aziende riescono a supplire i picchi di lavoro senza doversi imbattere in una rigida burocrazia. Eppure secondo gli economisti adesso questi lavori part-time sono diventati un problema: minano al cuore i posti di lavoro tradizionali.
Essendo esentasse uno studio dell’Istituto per la ricerca sul mercato del lavoro di Norimberga sentenzia che adesso le aziende preferiscono assumere attraverso i mini jobs perché in questo modo pagano meno i contratti assicurandoli con la previdenza sociale. Per i ricercatori si frena la creazione di nuovi posti di lavoro, senza contare che viene messa in pericolo la sicurezza sociale. Eppure la loro implementazione è un successo: adesso in Germania ci sono sette milioni di contratti mini job. Cambiare nuovamente le regole del gioco è una partita aperta.