Londra – Poco importa se la Spagna si trova a un passo del fossato, mentre l’Italia è ancora lì in cerca di risposte sul dopo Monti. Per David Owen, capo economista presso la società di investimento Jefferies International, ancora sei mesi e il conto per le follie del passato sarà saldato. A suo avviso l’Europa, anche quella della periferia, riuscirà a voltare pagina a partire dalla seconda metà del 2013.
“Se penso all’Eurozona, non mi aspetto che ci sia una svolta in grande stile in termini di ripresa del Pil l’anno prossimo; ma allo stesso tempo ritengo che diventerà più chiaro a tutti che è in atto un recupero“, spiega l’esperto convinto che mentre la Spagna dovrà firmare la sua resa e chiedere gli aiuti, l’Italia sorprenderà guidando la ripresa (insieme alla Germania).
Anche Peter Westaway, responsabile economista europeo di Vanguard, scava un solco fra Roma e Madrid quando osserva che la prima non dovrà richiedere assistenza a differenza della seconda che è in una sorta di limbo fino ad aprile 2013.
Le incombenze del rifinanziamento del debito pubblico nella prossima primavera a suo avviso non lasceranno spazio di manovra alla Spagna. Per l’Italia invece sarà un’altra storia, solo a patto che la crisi di governo che sfocerà nelle elezioni anticipate di febbraio non capitolerà su candidati non adatti al loro compito.
Dall’altra parte se anche gli analisti dell’agenzia americana Moody’s hanno confermato settimana scorsa il rating sovrano dell’Italia a livello Baa2, due note sopra il livello junk, qualcosa vorrà pur dire.
Gli esperti hanno deciso di mettere in stand by qualsiasi azione su Roma, spiegando che le turbolenze politiche italiane che hanno portato alla caduta del governo tecnico avranno implicazioni limitate sul rating del paese solo perché il grosso dell’agenda Monti sulla riforma del mercato del lavoro e sulle liberalizzazioni dei servizi “è già stato approvato dal Parlamento”. Ma la palla è ancora in campo. Meglio non lasciarsi andare a facili lusinghe di autocompiacimento.