Il rally dei mercati, dopo il cessate il fuoco nella guerra commerciale tra Usa e Cina, potrebbe avere vita breve. A dirlo sono gli analisti di Bank of America Merrill Lynch e Morgan Stanley, che non escludono una correzione dell’azionario già nel corso dell’estate. Questo perché – secondo gli analisti delle due banche americane – nonostante le buone intenzioni mostrate da Washington e Pechino durante il bilaterale a margine del G20, un accordo tra i due paesi tarderà ad arrivare.
Quando gli investitori si renderanno conto che per un’intesa ci vorranno mesi – dicono in sintesi gli esperti – sui mercati torneranno le vendite.
“Ci aspettiamo ancora una correzione del 10% durante il terzo trimestre” ha scritto in una nota Mike Wilson, strategist per i mercati Usa di Morgan Stanley.
Analogo scetticismo è stato espresso da Bank of America.
“Il fatto che non ci sia stata una svolta importante è coerente con il nostro quadro. Al momento l’economia e i mercati non sono abbastanza deboli da incentivare gli Stati Uniti a scendere a compromessi”, hanno osservato gli strategist della Bank of America. “Ci aspettiamo un accordo con la Cina, ma ci potrebbe volere una grossa correzione del mercato per arrivarci”, hanno poi aggiunto, spiegando che, in caso di intesa, lo S & P 500 potrebbe arrivare a toccare fino a 3.100 punti. Al contrario, nuovi dazi potrebbero causare perdite sul benchmark americano pari al 5%.
Sulla scia della tregua tra Usa e Cina, ieri lo S&P 500 è entrato in territorio da record ai massimi di 2,964 punti.
Secondo l’agenzia di rating S&P, le tensioni commerciali stanno gettando ombra sull’economia globale e le condizioni finanziarie in tutte le regioni. La buona notizia, ha spiegato l’agenzia di rating in un rapporto, è che le banche centrali (Fed e Bce incluse) sono pronte a stimolare la crescita e le condizioni creditizie restano benigne:
“Sebbene vediamo poche chance di recessione nelle maggiori economie al mondo nei prossimi 12 mesi, le prospettive di crescita del Pil si sono indebolite visti gli effetti diretti e, cosa più importante, secondari delle tensioni commerciali”.