Il socialista Pedro Sánchez è di nuovo alla guida del governo spagnolo, dopo che il parlamento ha dato la fiducia al suo esecutivo. Dopo quattro elezioni generali in quattro anni, Sanchez ha ottenuto la fiducia dopo che domenica non ha raggiunto la maggioranza assoluta necessaria al primo turno.
Il premier ha una maggioranza strettissima di voti (167) e con un’opposizione quasi equivalente (165). A sostenere Sanchez oltre al suo partito e Podemos guidati da Pablo Iglesias con il quale formerà il governo di coalizione, i deputati di PNV, Mas País, Compromís, Nueva Canarias, Teruel Existe e BNG. Decisiva l’astensione della Sinistra repubblicana della Catalogna (Erc). Nasce così il primo governo di coalizione in Spagna da quando nel 1978 il Paese dopo la morte del dittatore Francisco Franco.
“Con il governo di coalizione progressista in Spagna si apre una stagione di dialogo e politica utile. Un governo per tutte e tutti che estenda i diritti, ripristini la convivenza e difenda la giustizia sociale”.
Così su Twitter Pedro Sanchez.
Cosa succede adesso
La sfida a cui è chiamato adesso Sanchez riguarda la Catalogna. Se i catalani di Erc puntano ad ottenere il diritto a organizzare un referendum sull’autodeterminazione che compensi la repressione di quello del 2017, dall’altra parte Sanchez sembra disposto a offrire una riforma dello statuto che conceda più autonomia. L’opposizione è intenzionata a puntare tutto sullo scontro in Catalogna per mettere in difficoltà il neo premier.
Confido che possiamo superare il clima di rabbia e tensione e che possiamo recuperare uno spazio per il consenso e l’accordo.
Queste le parole di Sanchez prima del voto in Parlamento. Oltre alla patata bollente della Catalogna, il premier dovrà realizzare le firme annunciate come quella del sistema fiscale per aumentare le tasse sui redditi più alti e a carico delle grandi imprese, nonché la riforma del mercato di lavoro introdotta dalla destra con Mariano Rajoy.