La Spagna ripiomba nel caos e per la quarta volta in quattro anni rischia di tornare al voto. Il destino politico della quarta economia dell’eurozona è in mano a due uomini, entrambi di sinistra, il socialista Pedro Sánchez e il leader di Podemos Pablo Iglesias.
Inizialmente alleati le cose iniziano a vacillare a inizio 2019 con il no di Podemos al piano di bilancio presentato dall’esecutivo di minoranza di Sanchez e si va alle elezioni anticipate, le terze in quattro anni. La Spagna è governata ad interim dalla fine del 2015 ma è riuscita a lasciarsi alle spalle la lunga recessione e fino al 2017 la crescita è stata superiore al 3% e questo grazie ai consumi interni. Ma ora l’impasse politico rischia di bloccare gli investimenti e le riforme a lungo termine.
Alle elezioni dello scorso aprile vincono i socialisti di Sanchez che però non hanno i numeri per governare da soli e avviano i colloqui per formare una coalizione. Per Podemos sarebbe la prima volta al governo. In cambio però Iglesias rivendica ministeri importanti in primis quello del lavoro. Sanchez punta il dito contro la volontà del leader di Podemos di formare un vero e proprio governo parallelo e così chiede la fiducia ma Podemos si astiene. Il Re Felipe invita le forze politiche a trovare un compromesso. Due mesi di tempo altrimenti a novembre gli spagnoli torneranno ancora alle urne. Il fallimento lascia quindi uno scenario di ingovernabilità e un intervallo di appena due mesi perché i vari partiti possano porvi rimedio.
La data più probabile per le possibili nuove elezioni sarebbe quella del 10 novembre. Secondo le medie dei sondaggi di giugno e luglio – basate sulle rilevazioni degli istituti Celeste-Tel, Cis, Demoscopia y Servicios, GAD3, Invymark, NC Report, Sigma Dos, Simple Lògica – il PSOE di Sanchez si attesterebbe al 33,7% e sempre a sinistra Podemos si attesterebbe ora al 13%.