Cala il numero dei dipendenti pubblici, in particolare quello dei dirigenti nelle regioni, ma non il loro costo.
A portare a galla il dato importante in chiave spesa pubblica è la relazione sulle spese per il personale degli enti territoriali relativa al triennio 2013-2015 della Corte dei Conti, che così riporta:
“La spesa totale del comparto ammonta a circa 14,2 miliardi di euro (escludendo i contratti di lavoro flessibile e i dipendenti delle partecipate), di cui 2,7 per le Regioni, 1,35 per le Province e le Città metropolitane e 10,2 per i Comuni”. La consistenza del personale nelle Regioni è scesa nel triennio del 2,8%, che diventa -7,2% per la sola dirigenza. La spesa totale è scesa del 3,36% nel complesso delle Regioni e Province autonome, mentre quella media fa registrare andamenti disomogenei nei diversi aggregati geografici, con riferimento al personale dirigente: è stabile al Nord (+0,06%), diminuisce al Centro (-3,08%) ed è in aumento al Sud (+6,73%)”.
In media, la spesa della PA nel 2015 per l’insieme degli enti esaminati a livello nazionale, ammonta a 34.594 euro per un dipendente regionale, a 27.824 euro per i provinciali ed a 27.455 euro per quelli comunali. La spesa media per il personale dirigente, invece, risulta essere di 97.788 euro a livello provinciale, di 93.253 euro con riferimento alle regioni e di 83.834 euro per i comuni.
Si segnala poi il problema legato alla ridistribuzione dei premi tra dirigenti delle risorse risparmiate:
“Un indicatore significativo ai fini dell’analisi del costo del personale, perché indipendente dal numero dei soggetti, è costituito dalla spesa media che, in presenza dei noti vincoli stipendiali, dovrebbe rimanere stabile. Anche nel 2015 si rileva, invece, la sua tendenza a crescere in talune realtà locali caratterizzate dalla sensibile contrazione della consistenza del personale dirigente; il che appare sintomatico della reiterata prassi di ripartire le risorse del trattamento accessorio tra i dirigenti rimasti in servizio”.
In ultima battuta, la Corte dei Conti, segnala anche la problematica inerente alla distribuzione del personale sul territorio nazionale ed alla qualità/efficienza dell’organizzazione del lavoro:
“Una distribuzione non uniforme del personale sul territorio nazionale, con punte di maggiore concentrazione nelle Regioni del Sud ed in Sicilia, si riflette anche sul rapporto di incidenza tra dipendenti e dirigenti che, anche in quei casi (riferibili al personale delle Regioni e di alcuni Comuni) in cui risulti superiore alla media nazionale, non può essere considerato in sé indicativo di un’ottimale organizzazione del lavoro”.
Dov’è il senso di destinare le risorse risparmiate ai “superstiti”, togliendo quindi occupazione e forza lavoro a fronte di nessun vantaggio?