Più che un appiattimento delle aliquote limitato, dedicato a famiglie e partite IVA, e piuttosto che un reddito di cittadinanza, l’Italia avrebbe bisogno di una riforma del sistema tributario e di un abbattimento della spesa pubblica selettivo. La flat tax per le famiglie, poi, rischia di avere addirittura “effetti deleteri sull’economia”, anziché benefici.
È il pensiero espresso a Wall Street Italia da Francesco Giuliani, partner dello Studio Fantozzi, che ha spiegato cosa secondo lui si cela dietro al recente boom delle partite IVA. Nell’intervista Giuliani, uno dei massimi esperti in diritto fiscale e tributario, ha inoltre dispensato consigli e idee su una possibile semplificazione del sistema tributario e sulle eventuali misure fiscali che il governo dovrebbe varare con urgenza se vuole rilanciare la crescita in Italia.
Secondo Giuliani – che si batte da anni a fianco dei contribuenti per aiutarli a difendersi dalle presunte colpevolezze emerse dagli accertamenti del fisco – con l’arrivo del nuovo risparmiometro e il ricorso dell’Agenzia delle Entrate all’intelligenza artificiale e ai big data, quella del fisco contro il contribuente diventa una battaglia ad armi impari.
1) Ci parli delle possibili conseguenze dell’introduzione di una flat tax per le famiglie.
Non ho un approccio aprioristico alla flat tax. La mia contrarietà è legata all’approccio atomistico alla riforma fiscale adottato da questo governo. La flat tax per le famiglie sarebbe un ulteriore tassello, che andrebbe a integrare quella parziale per i professionisti. Potrebbe eliminare un elemento di distorsione, ma la sua attuazione potrebbe altresì introdurne degli altri. Circolano tante ipotesi.
L’impressione è che principalmente la flat tax per le famiglie sia stata proposta come risposta alle critiche relative alla differenziazione nel trattamento impositivo tra partite IVA e dipendenti, con solo i primi a beneficiare della flat tax e con le conseguenze che ne sono derivate in termini di aumento delle partite IVA (false?) a discapito delle assunzioni a tempo indeterminato.
Il coefficiente familiare è da tempo usato in Francia, ma non certo abbinato alla flat tax. In particolare uno degli elementi che mi preoccupano è legato al tetto previsto per l’applicazione, che può produrre effetti deleteri per l’economia, creando un incentivo a “fermarsi” prima di quel livello: lavorando meno, facendo sì che lavori solo il marito (e l’Italia ha già un grosso problema di sotto impiego femminile) oppure lavorando in nero per la parte “sopra” soglia.
2) Esaminando i dati sul boom delle Partite IVA dopo la flat tax, ha parlato di uno sbilanciamento del sistema impositivo tra lavoro dipendente e autonomo, che rischia di alimentare la creazione di false partite IVA. Cosa proporrebbe in alternativa?
Questo effetto sull’aumento di partite IVA è intuitivo ed è confermato da diversi economisti. A mio avviso, sarebbe stato meglio se il governo avesse avuto il coraggio di fare una scelta sistemica, adottando una flat tax “across the board”, introducendo a corollario un sistema strutturale e importante di deduzioni legate alle fasce di reddito, in modo da garantire la progressività dell’imposizione.
Ovviamente si è posto un problema di risorse e di consenso interno a una maggioranza variegata, che doveva bilanciare altresì una misura come il reddito di cittadinanza. La mia preoccupazione è che, da un lato il reddito di cittadinanza, dall’altro una flat tax limitata, asistemica, opzionale e soprattutto applicata fino a un tetto massimo possano alimentare un meccanismo frenante per la crescita economica e dunque per l’aumento del PIL.
3) Quale sarà l’impatto della riforma della giustizia tributaria in Italia?
Innanzitutto una premessa: la giustizia tributaria non sembra funzionare a dovere in Italia. Su questo e sull’esigenza di una riforma il consenso è diffuso e comune. Secondo l’ultimo dossier della Corte dei conti sul contenzioso delle commissioni tributarie, più di una causa su tre è in attesa di giudizio da un periodo superiore ai tre anni. Di questi uno su 10 attende la sentenza da più di cinque anni.
L’impatto della riforma della giustizia tributaria è potenzialmente enorme, perché si riflette sulla certezza del diritto in materia tributaria, e dunque sulla possibilità per le imprese (italiane e estere che pensano di investire in Italia) di programmare in modo ragionevole anche la variabile fiscale nella determinazione delle proprie scelte imprenditoriali.
Le faccio un esempio. Con una giustizia tributaria che funziona, il gruppo Bikkembergs (nota multinazionale della moda) opererebbe ancora in Italia e non sarebbe stato distrutto (nonostante la sostanziale e quasi integrale vittoria in giudizio) da anni di accertamenti e contenzioso: non per evasioni o elusioni conclamate, ma per una interpretazione controversa di norme tributarie poco chiare.
Di recente ho coordinato uno studio sulla riforma del processo tributario dell’associazione italiadecide. Ai lavori hanno partecipato prestigiosi giuristi, che hanno condiviso l’esigenza di riforma. A breve presenteremo il position paper prodotto da questo studio, e posso anticiparvi che le indicazioni sono nel senso di una maggiore terzietà del giudice e di parità delle parti nel contraddittorio.
Un processo più “giusto” porta a migliori sentenze di merito, che significano meno ricorsi in Cassazione che a loro volta significano migliori sentenze di Cassazione, che a cascata portano a minore contenzioso di merito.
4) Quali misure fiscali potrebbero rilanciare la crescita (che continua a essere deludente) in Italia?
Gli ultimi anni, caratterizzati dalla pervasiva interconnessione di ogni aspetto della vita privata e pubblica, ci hanno insegnato che la crescita arriva in primis grazie alla fiducia delle imprese e degli investitori, italiani ed esteri. Le singole misure impattano meno di quanto si potrebbe pensare.
Come ricordo sempre, la vera riforma di cui ha bisogno l’Italia è costituita da due elementi. Il primo elemento è senz’altro un’opera colossale di semplificazione del sistema tributario. L’unica via per migliorare la situazione in modo stabile sarebbe una riforma globale, complessiva del sistema tributario, che vada nel senso della semplificazione. Un mio pallino da tempo è che serva una vera e propria “codificazione” della materia tributaria. Un approccio organico che comprenda tutti i tributi, armonizzati e non, il loro accertamento, la riscossione, le sanzioni, la giustizia.
Il secondo elemento è costituito dall’abbattimento della spesa pubblica, o meglio ancora dall’abbattimento di quella improduttiva e dallo spostamento coraggioso e massivo verso capitoli di spesa destinati a disegnare l’unico futuro di benessere possibile per l’Italia, fondato su innovazione tecnologica, energia pulita, enogastronomia, cultura, arte, ambiente, turismo.
5) Nuovo risparmiometro: quali effetti prevede che avrà la sperimentazione che l’Agenzia delle Entrate avvierà per combattere l’evasione fiscale con l’uso di “processi automatizzati” e “modelli predittivi”?
Spero fortemente che l’Agenzia delle Entrate abbia un approccio partecipativo e un atteggiamento non rigido, ma anzi di apertura collaborativa riguardo l’uso di questi strumenti. L’esperienza passata del nostro ordinamento con strumenti induttivi ci insegna che spesso l’erario ne abusa, e sono necessari poi anni e anni di contenzioso per rettificare approcci troppo settari e contrastanti con il diritto del contribuente anche a fallire o a discostarsi dagli standard di settore (si pensi agli OMI per il mercato immobiliare o agli studi di settore, usati spesso non come meri “indizi”, da supportare con altri elementi, ma quasi come “prova regina”, di difficile superamento).
Spero in un cambio di approccio dell’agenzia, perché i molti anni di contenzioso nei quali, da avvocato difensore, ho dovuto – come i salmoni – risalire la corrente contraria, battendomi strenuamente e con enorme sforzo probatorio per superare le presunzioni negative agitate dal fisco come clave mi fanno essere molto pessimista.
Visti i trascorsi, il pensiero di dovermi da oggi confrontare con una agenzia delle entrate che usa i “big data” ed estrapola da questi con algoritmi di embrionale intelligenza artificiale mi fa correre i brividi lungo la schiena. Per usare una metafora bellica, se immagino di dover affrontare oggi l’agenzia armata di big data e A.I. con le regole processuali attuali, mi sento come se dovessi affrontare a mani nude un nemico dotato di armi di distruzione di massa.
È assolutamente necessario, a tale riguardo, procedere con una riforma complessiva della giustizia tributaria, che regolamenti in modo tassativo l’uso di presunzioni, che includa tra i diritti della difesa anche quelli di poter accedere ai medesimi dati e ai medesimi strumenti di analisi dei quali può servirsi l’agenzia delle entrate.