Società

Spesa pubblica: Sanità va disboscata. Troppa corruzione

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ROMA (WSI) – Le intenzioni sono buone, colpire gli sprechi nella spesa sanitaria, ma i tre miliardi di euro di tagli aggiuntivi rischiano di rivelarsi troppo timidi in un settore delicato, preda di corruzione e sprechi. Che vanno combattuti.

Basti pensare che gli acquisti di beni e servizi nella salute, secondo i dati della Corte dei Conti, vale 35 miliardi di euro, più di un terzo dell’intero Fondo sanitario.

Sono proprio gli sprechi la voce contro la quale il governo dice di volersi scagliare e non la qualità dei servizi.

Le Regioni sostengono però che le misure violino il patto sulla Salute firmato dal ministro Lorenzin. C’è ancora tanto da risparmiare, fa capire il premier Renzi, senza essere costretti ad abbassare il livello delle prestazioni e a colpire i cittadini.

Per le Regioni, tuttavia, si può e si dovrebbe risparmiare su altre cose. Perché quando si tocca la sanità, si toccano i diritti dei cittadini. Come l’ha definita il quotidiano Libero oggi, quella tra il governo e le regioni in corsa ha le sembianze e le caratteristiche di una guerra tra i poveri.

In un’intervista alla Nazione, Mario Baldassari, presidente della Commissione Finanze del Senato, ha descritto come positive e anzi troppo modeste le iniziative del governo.

«Era ora che si decidesse di affrontare il bubbone della spesa pubblica. L’importante è che non ci si limiti a fare poco, o a farlo male», ha detto l’economista, lasciando intendere che gli interventi sono troppo timidi.

«Aspettiamo le decisioni concrete prima di giudicare. La sensazione, però, è che non si stiano prendendo di petto i nodi dell’eccesso di spesa pubblica».

«Il pozzo senza fondo degli acquisti della pubblica amministrazione, la montagna dei sussidi a fondo perduto distribuiti a imprese spesso fantasma, le oltre 700 piccole Iri a cui hanno dato vita Regioni e Comuni trasformando e moltiplicando in spa le ex municipalizzate».

«Su tutto ciò prospera la corruzione il cui cuore si annida per oltre la metà negli acquisti sanitari delle Regioni. Solo nella sanità, negli ultimi cinque anni, questa spesa è cresciuta del 50% arrivando a 80 miliardi. C’è una sola spiegazione: la corruzione».

Che cosa si dovrebbe fare allora? «Abbiamo un vantaggio: sappiamo con precisione, sia dove, sia come si ruba e si spreca. La Corte dei conti ci ha detto che sono 60 miliardi».

Ma allora perché non si fa nulla, gli chiede il giornalista della Nazione, Nuccio Natoli? «È un problema di volontà politica. Nel 1981 il professor Giarda e io fummo chiamati dal ministro del Tesoro Andreatta per guidare una commissione tecnica sulla spesa pubblica. Da 31 anni sappiamo che bisogna agire con decisione sul nodo della corruzione. Se pensiamo di cavarcela tagliando qualche prefettura, o qualche caserma dei carabinieri, daremo solo fumo negli occhi».

È l’unica alternativa. «Le cifre dei documenti del governo ci dicono che per centrare il pareggio di bilancio nel 2014 le tasse saliranno di 91 miliardi, ci sarà un aumento della spesa corrente di 31 miliardi e un taglio di investimenti per un miliardo. Così, però, programmiamo una garrota che soffocherà l’economia italiana. Per evitare che accada dobbiamo tagliare la spesa di almeno 30 miliardi».

Sembrano enormi ma si tratta di solo il 2% del Pil in realtà. “Enormi sono la corruzione e gli sprechi. Non dobbiamo nasconderci che con interventi di piccolo cabotaggio non si risolvono i problemi. Comunque, è già qualcosa che questo governo abbia capito che non si può andare avanti così”.

L’Italia rischia così che “diventi ineludibile l’aumento dell’Iva. Se dovesse accadere, il rischio è di passare dalla crisi economica a una crisi sociale con effetti devastanti”.

Sul rigore finanziario il governo ha ragione quando non intende fare passi indietro. «ma l’aumento delle tasse vista l’abnorme pressione fiscale a cui siamo arrivati è impraticabile. Il taglio degli investimenti sarebbe solo un autogol che allontanerebbe la ripresa».

«Bisogna andare ben oltre ciò di cui si è parlato finora. Basti pensare che 4 miliardi di risparmi si potrebbero ottenere solo imponendo ai medici di prescrivere le medicine per dosi e non per scatole».

Di diversa opinione l’ex sindaco di Torino e attuale presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, secondo cui “I risparmi si possono fare senza toccare il fondo sanitario nazionale”. Il presidente della Conferenza delle Regioni interviene dopo l’allarme lanciato dai governatori sul rischio di un nuovo pesante taglio da 3 miliardi di euro alla sanità.

“Non è compito mio dirlo, non faccio parte del Governo. Se però vuole il mio parere – sottolinea Chiamparino – allora le dico che bisognerebbe guardare altrove, ad esempio alle partecipate e alle municipalizzate. Lì c’è ancora molto da sfoltire in modo drastico”.

In un’intervista al Messaggero Chiamparino ricorda anche che il patto per la salute firmato dalle Regioni con il Governo “è un importante documento in cui vengono fissate le linee di indirizzo, eliminate le inefficienze e le ridondanze. Lo faremo attraverso la riorganizzazione e la modernizzazione.
Investire in tecnologia vorrà dire in futuro risparmiare sui giorni di degenza”.