Con l’introduzione dello split payment saranno le imprese che lavorano con la pubblica amministrazione a versare l’Iva allo Stato.
Alle aziende fornitrici della PA verrà versato il corrispettivo dovuto, ma senza l’Iva, con tutti i ritardi che ciò comporta per le società.
Il Corriere della Sera cita il caso esemplificatore di un’impresa che fornisce pane a una mensa scolastica: “dopo aver pagato l’Iva sulla farina che acquista, non incassa più quella sul pane che vende alla mensa. E la scuola versa l’Iva direttamente allo Stato”.
Ma cosa succede con l’Imposta sul valore aggiunto che la società ha pagato per comprare la farina? Per riaverla, dovrà aspettare fino a 15 mesi.
“L’Osservatorio sulla tassazione delle piccole imprese della Cna ha calcolato che le imprese fornitrici della Pa non incasseranno più dalla pubblica amministrazione circa 18 miliardi di Iva l’anno ma continueranno a pagarne circa 15 miliardi ai fornitori.
Tutto ciò potrebbe avere “una micidiale conseguenza”.
Il provvedimento viene introdotto con l’arrivo delle fatturazioni elettroniche come obbligo per tutti i fornitori della pubblica amministrazione. Imprese e professionisti dei settori coinvolti hanno salutato l’iniziativa protestando per i costi e le complessità dell’operazione.
La Pubblica amministrazione sostiene invece che con tale piccola rivoluzione sarà abbattuto l’80% del costo di ogni documento cartaceo. Per l’Osservatorio del Politecnico porterà circa un miliardo di euro di risparmio per lo Stato.
Sono 12.250 gli enti coinvolti tra Regioni, Province, Comuni, scuole, università, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, aziende del servizio sanitario nazionale e non solo. L’obiettivo, scrive il Corriere, “è quello di raggiungere 42.361 uffici pubblici e oltre un milione 900 mila aziende, a regime, tra fornitori ricorrenti e occasionali”.
(DaC)