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Spread: così il governo aggira i mercati

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Privi della sovranità monetaria e assoggettati alle regole imposte dall’Europa che, fino ad oggi, hanno portato più danni che benefici, bisogna da trovare delle vie alternative per tutelarsi.

L’idea dell’attuale governo è quella di ridurre il rischio relativo allo spread tramite una deroga alle regole del mercato dei titoli di Stato.

Più nel dettaglio, la volontà è quella di congelare l’effetto spread sulla manovra: un emendamento a firma Lega per le assicurazione e la stessa proposta per le banche popolari e di credito cooperativo voluta dal M5S, farebbero in modo che i soggetti che non adottano i principi contabili internazionali possano valutare i titoli di Stato al costo storico e non al valore di mercato.

Come riporta anche “Lettera43”, l’emendamento è stato approvato dalla Commissione Finanze del Senato in data 23 novembre.

Si permetterebbe dunque di “valutare i titoli non destinati a permanere durevolmente nel loro patrimonio in base al loro valore di iscrizione, anziché al valore desumibile dall’andamento del mercato, fatta eccezione per le perdite di carattere durevole”.

La medesima norma si riferisce all’esercizio in corso ma viene previsto che possa essere estesa in relazione all’evoluzione della situazione di turbolenza dei mercati finanziari.

Stando a “Il Corriera della Sera”, poi, il ministro per gli Affari Europei Paolo Savona avrebbe indicato il mese di gennaio come momento più delicato. Da Palazzo Madama arrivano poi conferme inerenti al fatto che queste misure siano la prima parte dello scudo anti spread, in quanto l’intenzione è quella di estendere la deroga anche alle banche non quotate e, quindi, non soggette ai principi contabili Ifrs.

Intanto, sulla scia del modello tedesco, ovvero sul comportamento adottato dalla Germania verso le proprie piccole banche, è stata data la possibilità alla Banca Popolare di Sondrio e a quella di Bari di rimandare quotazione e la trasformazione in Spa di un anno; questi due istituti potranno dunque giovare della deroga per il mercato dei titoli di Stato, prezzando in maniera differente i buoni del tesoro presenti nei loro rispettivi bilanci.