Nel corso della conferenza stampa di fine anno il premier Mario Draghi è intervenuto anche sulla recente risalita dello spread Btp/Bund a 130 punti, il livello più alto da quando si è insediato a Palazzo Chigi.
Secondo alcuni osservatori la risalita dello spread è da imputare anche alla possibilità che il premier possa lasciare la guida del governo per salire al Quirinale terminato il settennato di Sergio Mattarella.
“Se è vero che lo spread è più alto ora di quando sono arrivato vuol dire che io non sono uno scudo contro lo spread, quindi il problema non c’è” ha chiarito Draghi.
“Non è la presenza di singoli individui che costituisce la forza dell’Italia, ma è tutto quello che l’Italia ha fatto in questo anno, di come l’Italia ha reagito alla depressione anche psicologica che l’epidemia ha creato” ha sottolineato il premier.
Spread, oltre a Draghi pesa anche la Bce
Quanto ai rischi di un impennata dello spread dovuto anche alla possibilità che nel 2022 la Bce possa interrompere gli acquisti di titoli di Stato in relazione al piano straordinario di stimoli (Pepp), il presidente del Consiglio ha chiarito che se si continua a crescere la preoccupazione dello spread diventa minore.
“I mercati guardano alla crescita economica prima di tutto. In questo momento la crescita è il barometro di credibilità dei paesi e del nostro in particolare. A questo dobbiamo puntare.” ha evidenziato Draghi sottolineando anche che “il recente miglioramento del rating e dell’outlook che le varie agenzie internazionali hanno dato all’Italia è fondato sul fatto che il tasso di crescita sarà oltre il 6% per la fine di quest’anno e circa il 4% l’anno prossimo. Sono tassi di crescita dell’economia che non si vedevano in Italia dagli anni ’60.”