Lo spread tra Btp e Bund resta osservato, mentre entra nel vivo la partita per scegliere il prossimo Presidente della Repubblica italiano. Sono molti gli analisti a mettere in conto, in una fase delicata per la politica italiana, un rialzo significativo del differenziale tra rendimento dei titoli di stato con scadenza a dieci anni italiano e l’omologo tedesco.
Ma quanto vale, secondo gli esperti, Mario Draghi per lo spread?
Spread, Mario Draghi e Goldman Sachs
In una nota, gli analisti di Goldman Sachs fanno notare che, storicamente i periodi di stress politico possono vedere una sotto-performance di 15-20 punti base dello spread italiano e che quindi il differenziale di rendimento tra il titolo di stato con scadenza a dieci anni italiano e l’omologo tedesco può portarsi a quota 150 punti base.
“Prevediamo che diversi venti contrari nel primo trimestre creeranno un ambiente difficile per gli spread sovrani – si legge in una nota della banca statunitense – dato il ridotto supporto del QE e l’aumento delle emissioni, riteniamo che l’ampliamento dello spread BTP-bund osservato nell’ultima settimana possa estendersi”. “Oltre a dinamiche di offerta meno favorevoli, è probabile che il rischio politico per i BTP aumenterà fino al primo turno delle elezioni presidenziali italiane del 24 gennaio”, viene aggiunto.
Se Mario Draghi dovesse trasferirsi da Palazzo Chigi al Quirinale ci sarebbe probabilmente “una perdita di continuità politica e un potenziale ritardo nell’attuazione degli investimenti del Recovery Fund” e quindi un’espansione della pressione sugli spread BTP-bund per riflettere questi rischi.
Le paure del mercato
Lo spread è diventato un indicatore cruciale per la finanza internazionale durante la crisi del 2008-2009. Ma la sua definitiva consacrazione è arrivata nel 2011 con il crac del debito europeo. A parte una breve fiammata all’inizio della pandemia, era stato quasi dimenticato dai non addetti ai lavori. Ma da un paio di settimane fa, il differenziale tra Btp e Bund ha cominciato ad aumentare, toccando 138 punti base (+30% dall’inizio del 2021) per poi scendere a 132 punti base alla chiusura di ieri.
La recente impennata, spiegano gli osservatori, è coincisa con le persistenti voci sulla volontà di Draghi di salire al Colle. La fine del mandato dell’ex presidente della BCE a Palazzo Chigi preoccupa gli investitori su tre fronti: il primo è la tenuta dell’attuale maggioranza governo. Già ieri Silvio Berlusconi ha fatto sapere che nel caso in cui Mario Draghi dovesse salire Quirinale, Forza Italia “uscirebbe dalla maggioranza“, aprendo la strada al voto.
La possibile caduta del governo porta poi ad un altro rischio: i miliardi promessi dal Recovery fund dell’Ue dipendono dalla tenuta del governo. Per i mercati, Draghi è una garanzia che l’Italia rispetterà le promesse fatte nel Pnrr e utilizzerà gli aiuti europei in maniera efficace. La terza paura è di più lungo termine.
I grandi investitori temono che Draghi al Quirinale porti a un ritorno all’instabilità politica che hanno caratterizzato l’Italia per tanti anni.