Economia

Spread torna a salire, perché fa paura?

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Torna a far parlare di sé lo spread, fuori e dentro le sale operative. Una parola che riecheggia con forza nelle ultime settimane. A far parlare sono soprattutto le recenti performance dell’indicatore finanziario che nel corso dell’ultimo mese ha subìto un aumento significativo passando da circa 170 agli attuali 200 punti base. Storicamente, infatti, se il valore dello spread scende l’Italia tira un sospiro di sollievo, mentre al contrario se torna a salire diventa fonte di preoccupazione. Ma cosa rappresenta questo indicatore e perché è così monitorato dagli investitori?

In questo articolo cercheremo di comprendere le implicazioni di un aumento dello spread e i motivi per cui il suo attuale valore suscita crescenti timori tra gli operatori.

Cos’è lo spread Btp/Bund

Con il termine spread facciamo riferimento alla differenza tra il rendimento dei titoli di Stato di due Paesi. In particolare, noi italiani facciamo riferimento allo spread Btp/Bund e quindi alla differenza di rendimento tra i titoli di Stato italiani (Btp) e quelli tedeschi (Bund) a 10 anni.

Per calcolare lo spread viene preso come riferimento il rendimento del Bund tedesco in quanto in Europa è considerato il benchmark di riferimento. Questo è dovuto al fatto che la Germania è considerata una delle economie più stabili dell’area euro (rating AAA di S&P), motivo per cui i titoli di Stato tedeschi sono visti come investimenti a basso rischio, e quindi un rifugio sicuro durante periodi di incertezza.

In sostanza, gli investitori guardano al Bund per valutare la stabilità dell’intera zona euro e confrontano il suo rendimento con quello del Btp per monitorare il rischio del nostro Paese.

Uno spread di 200 (come nel caso attuale) significa che il rendimento dei titoli di stato italiani a 10 anni è superiore di 200 punti base (2%) al rendimento dei titoli di stato tedeschi a 10 anni. In pratica significa che gli investitori richiedono un rendimento di 2,00 punti percentuali in più per acquistare un titolo di stato italiano rispetto a un titolo di stato tedesco. Attualmente, infatti, titolo decennale italiano si è leggermente ampliato al 4,92%, ma anche i rendimenti degli altri bond statali rimangono in tensione. In Germania il Bund rende il 2,9%, sui massimi dal 2011.

Perché è così monitorato lo spread?

Gli investitori italiani e non monitorano attentamente lo spread Btp/Bund in quanto riflette il rischio associato agli investimenti nel nostro Paese. Se il valore dello spread aumenta gli investitori hanno la percezione che i titoli di Stato italiani siano più rischiosi rispetto a quelli tedeschi e quindi richiederanno un rendimento più elevato per compensare tale rischio.

Lo spread rappresenta quindi uno dei più importanti indicatori della fiducia degli investitori nei confronti dell’economia del nostro Paese e un suo aumento repentino indica che gli operatori ritengono che il nostro Paese abbia un rischio maggiore di default.

Tuttavia, sono diversi i fattori che possono portare ad un incremento dello spread Btp/Bund, tra cui:

  • Incertezza politica: un governo indebolito o una fase di stallo può aumentare l’incertezza tra gli investitori, portando quindi ad un aumento dello spread.
  • Debolezza economica: un’economia in recessione o con un alto deficit pubblico può aumentare il rischio di default di un paese, portando così a un aumento dello spread.
  • Fiducia degli investitori: un aumento della fiducia/sfiducia degli investitori nei confronti della nostra economia porta a un calo/rialzo dello spread.

Analisi tecnica dello spread Btp/Bund

Come vediamo dal grafico qui sotto, che rappresenta l’andamento da maggio 2022 dello spread Btp/Bund, il suo valore, dopo aver consolidato l’area dei 170 punti base, ha messo a segno un notevole rialzo di quasi il 20% giungendo a quota 200 bp. Ma dobbiamo preoccuparci?

Da questo punto di vista il livello dei 200 punti base è si un livello relativamente alto per il nostro spread, ma non rappresenta comunque un livello insostenibile e di eccessiva allerta. Come vediamo dal grafico, infatti, solo all’inizio di quest’anno il valore dello spread si trovava sui livelli attuali e nel passato non mancano i casi in cui lo spread raggiunse livelli ben più preoccupanti di quelli attuali.

“Nulla di preoccupante al momento”, commenta Maurizio Mazziero, analista finanziario. “Ci troviamo sugli stessi livelli di inizio 2023, mentre nel 2022 erano state raggiunte punte vicine ai 260 punti. Tuttavia, occorre considerare che la soglia di 200 è ritenuta un livello psicologico, il suo superamento potrebbe determinare un’accelerazione verso 250 punti”.

I record dello spread

Uno spread Btp/Bund a 200 punti base non rappresenta dunque un segnale di emergenza, ma è comunque un livello da monitorare in quanto indica una crescente tensione. Ma cosa successo nel recente passato?

Il passato dello spread è segnato da picchi significativi, momenti in cui la differenza tra i rendimenti italiani e tedeschi ha raggiunto livelli davvero preoccupanti.

In tal senso, lo spread BTP-Bund ha toccato il suo record storico nel novembre del 2011, quando l’ex premier Silvio Berlusconi fece un passo indietro, lasciando le redini al governo tecnico guidato da Mario Monti. Ecco che in quel contesto di tensioni politiche lo spread arrivò a raggiungere il suo massimo storico a quota 574 punti, con un rendimento del 7,4%.

Ciò significava che il rendimento dei titoli di Stato italiani era oltre 5,7 punti percentuali più alto rispetto a quello dei titoli di Stato tedeschi con pari scadenza.

Nel grafico qui sopra vediamo l’andamento di lungo periodo dello spread Btp/Bund. Negli anni il valore dello spread si è trovato molte volte al di sopra dei livelli attuali. Teniamo presente che solo pochi anni fa, nel biennio 2018-2019, il valore dello spread sostava stabilmente sopra i 200 punti base.

E’ importante sottolineare che non esiste un vero e proprio valore di allerta per lo spread, infatti, la sua interpretazione dipende da vari fattori e uno di questi è rappresentato dalle recenti tensioni nel comparto obbligazionario, con il crollo dei prezzi e il conseguente rialzo dei rendimenti.